L’attuale presenza dei cappuccini in Turchia

Di Egidio Picucci

Il recente viaggio di Benedetto XVI in Turchia ha acceso i riflettori su questo Paese-ponte tra Europa e Asia, illuminando varie realtà, tra cui la situazione in cui si trovano i pochi cattolici che vi restano e lasciando in ombra, almeno in parte, coloro che li assistono.

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L’interesse maggiore si è concentrato sui rischi che il Papa avrebbe potuto correre esponendosi a un pubblico che aveva mostrato molta ostilità nei suoi confronti; sulle misure di sicurezza adottate dal governo; sui problemi che avrebbe suscitato la visita del Pontefice al museo di Santa Sofia e alla Moschea Blu. Interesse legittimo, che ha spinto giornalisti e operatori dei mezzi di comunicazione a interrogare il Nunzio Apostolico, i vescovi, gli ambasciatori e quanti avrebbero potuto dare risposte esaurienti e oggettive.

Le domande riguardanti il numero dei cristiani, e dei cattolici in particolare, sono state suggerite più dalla curiosità che dall’interesse per la loro reale situazione. Quanti sono? Dove sono? I media, si sa, lottano contro il tempo, e un’intervista non supera i 3/4 minuti, col rischio che, se l’intervistato non conosce certe regole mediatiche, si rischia di fermarsi alla cornice, dimenticando il quadro. Che in Turchia è molto complesso, se non altro per la varietà delle confessioni religiose e dei riti che si sovrappongono, creando un certo imbarazzo anche negli esperti.
Alle domande riguardanti la situazione dei cattolici avrebbero potuto rispondere adeguatamente coloro che vivono in quotidiano contatto con loro, cioè i parroci della varie circoscrizioni ecclesiastiche presenti nel Paese.
Che sono tutti religiosi, anche se il loro numero non supera le 50 unità (27 sacerdoti), mentre le religiose sono 71, i laici 3 e i sacerdoti diocesani 5.

Istanbul

Tra loro ci sono – e da antichissima data! – i Cappuccini, che attualmente hanno una parrocchia a Yeşilköy (nelle vicinanze di Istanbul), due a Smirne (Bayraklı e Buca), una a Mersin, una ad Antiochia e una significativa presenza presso il santuario di Meryem Ana, a Efeso.
La parrocchia di Santo Stefano a Yeşilköy vive più di storia che di cronaca: la prima è gloriosa, la seconda in declino. Storia gloriosa perché richiama prepotentemente la presenza dell’Istituto Apostolico d’Oriente (aperto sul finire del 1800 per la preparazione dei missionari da inviare nell’Est turco) che nei primi dieci anni di attività inviò 26 sacerdoti che evangelizzarono anche parte della Siria e del Libano.

Oggi la piccola Fraternità di Yeşilköy pensa all’accoglienza (la parrocchia è piccolissima) dei pellegrini che ripercorrono i “sentieri degli apostoli”, e alla direzione di una Casa in cui si tengono incontri di studio, di ecumenismo e di dialogo interreligioso con il Simposio che vi si organizza ogni anno e a cui partecipano professori cattolici e musulmani.

La chiesa parrocchiale è messa a disposizione dei siro-kadim provenienti dall’Est e che a Istanbul non hanno un proprio luogo di culto. Ogni giorno, ma soprattutto la domenica, la vecchia chiesa di S. Stefano ospita così una vivace comunità che costituisce il 90% dei frequentatori abituali della chiesa. Inizialmente si fece una certa difficoltà nell’accoglierli, sia per timore di noie da parte della polizia, sia per una possibile loro invadenza; difficoltà superata subito in nome “di un cammino ecumenico che è un camminare insieme verso Cristo, ognuno con le proprie peculiarità, le proprie ricchezze (e le proprie debolezze), nella ricerca dell’unico vero, fondata sul rispetto vicendevole”.

Meryem ana evi

Nei pressi di Efeso è stata scoperto nel 1891 una chiesetta, in mezzo al bosco, su una collina denominata Bukbul-dag /(olle dell’usignolo), che un’antichissima tradizione ritiene essere il luogo dell’ultimo soggiorno di Maria Vergine, venuta ad Efeso al seguito dell’Apostolo Giovanni

Oggi è un santuario mariano tra i più famosi e visitati. Ultimo visitatore d’eccezzione il papa Benedetto XVI, il 29 novembre 2006.
Presso questo santuario risiedono come “custodi” della preziosa “reliquia” storica tre frati cappuccini: fr. Adriano Franchini, Superiore Regolare della Custodia e Rettore del Santuario, fr. Paolo Rovatti, Superiore del Convento e fr. Tarcy Mathas.
Il loro lavoro è accogliere i pellegrini (anche molti musulmani) e guidarli nella preghiera. Ma su questo luogo è appena uscito u n numero “speciale” di Eteria (N.41) e perciò passiamo oltre…

Izmir (Smirne)

A Bayraklı (Smirne) c’è la casa Domus Ordinis (casa che appartiene all’Ordine cappuccino) con la chiesa costruita poco prima che il Trattato di Losanna (1923) vietasse la costruzione di nuovi edifici religiosi. Oltre all’attività parrocchiale propriamente detta, i due religiosi che vi risiedono assistono i poveri del quartiere, il più antico della città di Smirne. Uno dei due, P. Vincenzo Succi, è un veterano della Turchia, in cui ha svolto un’intensa attività come parroco, come Vicario Generale dell’arcidiocesi, come Superiore della Custodia cappuccina. Tra gli altri meriti, egli ha anche quello di aver tradotto in turco alcuni Documenti del Vaticano II, rendendo un ottimo servizio alla chiesa locale.
A Buca – un municipio a ridosso della città – c’è un solo sacerdote. Oltre all’impegno nella parrocchia, egli si occupa periodicamente dei cristiani sparsi nei dintorni di Selçuk (Efeso) e di Kuşadası, dove si sono trasferiti da Istanbul vari artigiani siriani, attirati dal movimento turistico del porto.

Mersin

A Mersin, nel profondo sud della Turchia, c’è forse la comunità parrocchiale più vivace della nazione. Vi risiedono tre religiosi (due dei quali turchi) che si interessano dell’accoglienza dei giovani in ricerca vocazionale. Parrà strano, ma ci sono e fino a qualche anno fa erano accolte in un piccolo seminario fatto poi chiudere dalle autorità e dal quale sono usciti i primi religiosi locali.
Immancabile, naturalmente, la catechesi ordinaria ai bambini cattolici e a quelli degli altri riti presenti in parrocchia: maroniti, armeni, caldei, siriaci. Si tratta, in tutto, di 500 persone che non hanno sacerdoti propri e frequentano la chiesa cattolica.
Nei tempi forti dell’Avvento e della Quaresima la catechesi è accompagnata dalla drammatizzazione degli episodi più significativi della vita di Gesù, in modo che rimanga maggiormente impressa nell’animo dei bambini.
Per i giovani la parrocchia organizza visite guidate ai luoghi sacri della cristianità, come la Cappadocia, Efeso, Antiochia, Tarso, ecc. E’ un’ottima occasione per “far parlare le pietre”, cioè per rievocare la vita dei primi cristiani de visu, arricchita con immagini evocative che interessa molto i visitatori.
Il numero dei cattolici consente un buon impegno dei laici; così un comitato di donne, fondato negli anni ’90, collabora con i religiosi nell’organizzazione della carità, cioè nella ricerca di aiuti destinati alle famiglie bisognose e nell’assistenza ai malati. Per i poveri sono stati messi a disposizione otto appartamenti.
Un lavoro delicato, ma necessario, è fatto a livello ecumenico con la chiesa ortodossa locale, non eccessivamente numerosa, ma che costituisce una realtà da non trascurare. Uguale impegno c’è nel dialogo interreligioso spicciolo, interpersonale, prezioso perché fondato sulla stima reciproca e capace di creare un clima favorevole per ulteriori sviluppi. Grazie infatti alla presenza di Fra Hanri, che ha studiato archeologia ed è un’ottima guida turistica, sta crescendo un certo interesse per la storia locale nell’ambito dei professori dell’università.
Vuoi o non vuoi, la chiesa dei cappuccini è tra gli edifici più antichi della città, e costituisce, quindi, un invidiabile punto di partenza per ricostruire lo sviluppo di Mersin. I primi risultati delle ricerche sono stai pubblicati e hanno destato molto interesse in ambito intellettuale.

Antiochia

Ad Antiochia, isola felice dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, vive P. Domenico Bertogli, coadiuvato da Mariagrazia Zambon, dell’Ordo virginum del Vicariato Apostolico di Iskenderun.
P. Domenico ha raccolto il testimone da P. Roberto Ferrari, il primo cappuccino italiano che si è stabilito ad Antiochia (dopo una breve e saltuaria presenza di P. Michele da Novellara) dopo l’uccisione di P. Basilio da Ponte dell’Oglio nel 1851.
Temprato alla vita turca da una lunga serie di vicende finite sui quotidiani e sugli schedari della polizia (è stato anche in prigione), P. Roberto ha saputo “interpretare” a modo suo concessioni, permessi, proibizioni, divieti, avvertimenti, intimidazioni, pedinamenti, notificazioni, minacce, diffide, richiami da parte della polizia che alla fine, di fronte alla sua evangelica (e provvidenziale) impertinenza, ha dovuto arrendersi, consentendogli di stabilirsi in una catapecchia che P. Domenico ha restaurato con gusto di esperto, facendone una delle case più belle di Antiochia.

02! La festa di S. Pietro, iniziata al tempo di fr. Roberto, in nome del turismo (il passepartout turco), è diventato un appuntamento di popolo e di fedi religiose che P. Domenico ha vivificato, facendogli raggiungere traguardi impensabili.
P.Domenico ha molto incrementato anche il dialogo con gli ortodossi, con i quali si celebra la Pasqua insieme; si condivide la partecipazione alle feste; si organizzano le attività della Caritas; si presiede insieme ai matrimoni; si guarda con simpatia i giovani che pregano e cantano insieme nel cortile della missione.
Lo stesso avviene con il Pastore protestante e con il rabbino ebreo, conquistati dalla signorile umanità di P. Domenico, francescanamente libero da condizionamenti che in Antiochia sono stati superati.
Insieme con la sua collaborattrice, Mariagrazia, accoglie decine e decine di visitatori che arrivano per cercare “le radici del cristianesimo” da ogni parte del mondo a piedi, in bicicletta, in torpedone. Spesso i due incrociano universitari musulmani che preparano tesi di laurea sulle origini cristiane di Antiochia, o gruppi di registi e operatori cinematografici che vogliono sapere tutto sull’Antiochia degli Apostoli e più ancora su quell’oasi di tolleranza religiosa che è l’Antiochia di oggi.
E che P. Domenico affida alla cronaca pubblicata ogni anno e inviata a mezza Europa, in modo che non solo gli archivisti di domani, ma anche i cattolici di oggi sappiano che, accanto alla mezzaluna musulmana, splendono luci di evangelico fulgore.