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EDESSA oggi ŞANLIURFA La città di EdessaEdessa, gloriosa per la sua storia nei primi secoli del cristianesimo, è oggi interamente e severamente musulmana. Era ancora una modesta cittadina col nome di Urfa solo qualche decennio fa, ma ora ha conosciuto, col fenomeno dell’urbanesimo, un grande sviluppo raggiungendo i 900.000 abitanti, ed è stata ribattezzata Şanlıurfa ( la gloriosa Urfa). Non presenta monumenti particolarmente interessanti, ma rimane un punto di riferimento importante per altre più significative escursioni. Tra i pochi resti che si possono visitare c’è la fortezza crociata che domina la città moderna dall’alto della sua rocca. A soli 45 km c’è poi Harran (vedi voce), il luogo da cui partì Abramo secondo la tradizione biblica. Di qui, via Adıyaman, potrete giungere al maestoso e affascinante monumento funebre del re Antioco I Commagene, sul Nemrut Daği (ved. Samosata).

Situata a circa 45 km a sud-est di Sardi e fondata da Attalo II Filade, tra le 59 città che la tradizione reputa fondate da Seleuco I Nicatore, rientra anche Edessa che ebbe questo nome in ricordo dell’omonima città macedone cui assomigliava per l’abbondanza delle sue acque (304 a.C.). Il suo nome precedente era Urhay da cui derivò il greco Osroene, indicante l’intero regno della Mesopotamia nord-occidentale.

thumbs_edessa Tra le 59 città che la tradizione reputa fondate da Seleuco I Nicatore, rientra anche Edessa che ebbe questo nome in ricordo dell’omonima città macedone  Con la dissoluzione del regno dei Seleucidi nel 132, Edessa divenne capitale d’un regno indipendente che raccoglieva una popolazione d’origine prevalentemente semitica mista a elementi parti e greci. Questo fatto giustifica perché la città sia stata, assieme a Israele, l’iniziatrice della reazione semitica contro l’ellenismo imposto per motivi politici dai sovrani seleucidi. Nella guerra che oppose i Parti ai Romani, la città parteggiò per i primi. Entrata in rivolta al tempo di Traiano, fu riconquistata da Roma (116 d.C.) e la dinastia locale fu mandata temporaneamente in esilio ma poi riabilitata. Sotto Caracalla Edessa perdette totalmente la sua indipendenza divenendo una colonia romana (216). Dopo la campagna militare intrapresa dall’imperatore Giuliano contro i Persiani e conclusasi con una disfatta (363), il suo successore Gioviano cedette a costoro buona parte dei territori conquistati da Diocleziano tra cui le città di Nisibi e di Zingara. In questa circostanza molti cristiani, per sottrarsi al potere persiano, si trasferirono a Edessa.
 Il carattere etnicamente assai vario della sua popolazione composta da arabi autoctoni, Arabi Nabatei, Persiani, Ebrei, Parti, Greci, spiega la fioritura di orientamenti religiosi diversi  Il carattere etnicamente assai vario della sua popolazione composta da arabi autoctoni, Arabi Nabatei, Persiani, Ebrei, Parti, Greci, spiega la fioritura di orientamenti religiosi diversi: accanto alla dea della fecondità Atargatis (dea sira), i cui sacerdoti e fedelissimi praticavano la castrazione, erano venerati il dio Hadad, le divinità babilonesi Baal e Nabu, gli dèi degliArabi del deserto e gli dèi dell’Olimpo greco. Nella storia della diffusione del cristianesimo Edessa attesta una rapidissima espansione. È del resto naturale che esso trovasse accoglienza in un ambiente semitico poiché semiti furono i primi messaggeri del Vangelo. Appare ormai del tutto leggendaria la tradizione secondo cui il re della città, Abgar V, abbia avuto contatti epistolari con Cristo e sia stato convertito da uno dei suoi settantadue discepoli di nome Addeo. Eusebio di Cesarea che dà come storici questi episodi (cfr. H.E., I,13), riferisce anche che già al tempo degli apostoli l’intera città di Edessa e la regione dell’Osroene erano state convertire a Cristo (H.E., I,7). Se ciò non è verificabile, risulta nondimeno certo che quando Eusebio scrisse la Storia Ecclesiastica, verso la fine del III secolo, questa zona doveva essere effettivamente cristiana. Significativa, a questo riguardo, la testimonianza offertaci dallo storico Sozomeno il quale ricorda come Giuliano l’Apostata nel 363 non volle entrare in Edessa « in segno di disprezzo per i suoi abitanti che già da lungo tempo s’erano convertiti in massa al cristianesimo » (H.E., VI,1,1). Per certo, già prima dell’anno 190 la nuova fede era fortemente diffusa sia nella città che nell’Osroene. Abercio di Gerapoli, nel suo epitaffio risalente alla seconda metà del secolo II vi fa esplicito riferimento dichiarando: « Visitai anche la pianura della Siria e tutte le sue città e, oltre l’Eufrate, Nisibi e ovunque trovai dei fratelli…».
 thumbs_eteria_pagina_34_immagine_0001Appare ormai del tutto leggendaria la tradizione secondo cui il re della città, Abgar V, abbia avuto contatti epistolari con Cristo.[/inset] Pare che lo stesso re Abgar IX (179-216) si sia convertito al cristianesimo. Se ciò corrisponde alla realtà, egli sarebbe il primo re ad aver ricevuto il battesimo. Eusebio, che ci offre questa notizia, ci ricorda pure che i vescovi dell’Osroene inviarono alle altre Chiese una lettera per informarle (fine II secolo) che essi celebravano la Pasqua sempre e soltanto di domenica (H.E., V,23,4). È in questo tempo che nella comunità cristiana di Edessa emerge la figura del filosofo e poeta Bardesane (154-222) che si può ritenere il creatore della letteratura siriaca cristiana. Educato alla corte diAbgar IX del quale divenne amico, si mostrò uomo di grande cultura e seppe congiungere in sé, in unità monoteistica, le più diverse tradizioni religiose e culturali che fiorivano a Edessa. Pare sia stato il primo a comporre inni e cantici in versi per assicurarsi tra il popolo la diffusione del suo pensiero che gravitava attorno al concetto di libertà [1]. Nel tentativo di conciliare pensiero cristiano e teorie astrologiche giunse a dimostrare che mentre corpo e anima sono determinati dalla natura e dal destino, lo spirito è libero.
 Nella comunità cristiana di Edessa emerge la figura del filosofo e poeta Bardesane che si può ritenere il creatore della letteratura siriaca cristiana   Da Eusebio apprendiamo che « moltiplicandosi le eresie in Mesopotamia, Bardesane scrisse contro i marcioniti e altri eretici » (H.E., IV,30). Ma lui stesso, nel suo tentativo d’inculturazione del cristianesimo pare non essere stato del tutto ortodosso se dal principio del III secolo a Edessa il gruppo dei Bardesaniti si contrapponeva a quello dei Palutiani, così chiamati dal vescovo locale Palut. Sappiamo che questi venne ordinato vescovo da Serapione di Antiochia. E ciò costituisce una implicita conferma della dipendenza della Chiesa di Edessa da quella antiochena. Non meraviglia che nel fervore culturale e religioso della capitale dell’Osroene si siano diffuse diverse sette cristiane a orientamento prevalentemente gnostico. In effetti in questa città sembra siano state composte le Odi di Salomone (secolo II), testo misticheggiante celebrativo di Cristo e di orientazione gnostica; il Vangelo di Tommaso, scritto apocrifo già in uso presso la setta gnostica dei Naasseni (secolo II); gli Atti di Tommaso, pure di derivazione gnostica e databili ai primi anni del III secolo; il Libro delle leggi e dei paesi di Bardesane (fine secolo II).
 Il Diatessaron, tradotto in siriaco probabilmente dallo stesso Tiziano, era prodotto dalla fusione dei quattro Vangeli in uno Vanno qui menzionati anche il Discorso ai Greci e il Diatessaron, due scritti del siro Taziano che se anche furono composti altrove, trovarono ampia diffusione a Edessa. Il Diatessaron, tradotto in siriaco probabilmente dallo stesso Tiziano, era prodotto dalla fusione dei quattro Vangeli in uno. Nella Chiesa edessena esso godette del massimo favore restando per circa tre secoli il testo ordinario dei Vangeli in privato e in pubblico. A proposito di testi cristiani in siriaco, va ricordato come fu appunto a Edessa che si sviluppò questa lingua, definita un dialettaramaico tardo derivante dall’edesseno.Adare alla luce il siriaco come lingua letteraria colta fu proprio il cristianesimo con le sue esigenze di esprimere la nuova fede per questo ambiente semita eppure aperto a diversi influssi di pensiero.
 A dare alla luce il siriaco come lingua letteraria colta fu proprio il cristianesimo con le sue esigenze d’esprimere la nuova fede  Non a torto Harnack afferma che Edessa « fu nel III secolo il centro di missione del cristianesimo nazionale siro ». L’importanza di questa città per la fede cristiana trova espressione anche in taluni personaggi che, tra tanti altri a noi ignoti, arricchirono il suo martirologio: il vescovo Conone ucciso, pare, nel 228 e più tardi Gurya, Shemona (306?), e Habib (320-322), detti ben presto i Confessori. Tra gli scritti cristiani del III-IV secolo spicca Afraate il Siro (270?-345?), primo Padre della Chiesa siriaca. Quel che ci è dato di conoscere della sua vita proviene unicamente dalle sue opere: una raccolta di trattati, omelie e lettere detti genericamente Dimostrazioni. Da questi scritti apprendiamo che egli fece parte di un gruppo di asceti viventi nel mondo che già prima del battesimo s’impegnavano a una vita di castità.
Tra gli scritti cristiani del III-IV secolo spicca Afraate il Siro, primo Padre della Chiesa siriaca. L’opera di Afraate risulta di grande interesse poiché presenta una teologia cristiana che non s’è incontrata con le categorie ellenistiche ma vive e si alimenta della Scrittura e della dottrina rabbinica. È perciò espressione di un pensiero cristiano alternativo rispetto a quello sviluppatosi a contatto con la cultura greca. Quantunque Afraate abbia scritto dopo il concilio di Nicea, tuttavia si mostra ignaro della coeva teologia greca.
thumbs_eteria_pagina_38_immagine_0001Da questo punto di vista il suo pensiero riveste grande importanza per la storia del dogma perché attinge a tradizioni antichissime. Esso rappresenta poi una prova d’inculturazione del Vangelo nell’ambiente persiano e mesopotamico, punto d’incontro di diverse culture. Nell’opera di questo asceta, trova grande posto una dottrina spirituale ricca di ottimismo e fondata sulla carità e sull’umiltà [2].
 Contemporaneo di Afraate fu Efrem il Siro, dichiarato dottore della Chiesa universale da Benedetto XV nel 1920.  Contemporaneo di Afraate, anche se assai più giovane di lui, fu Efrem il Siro, senz’altro il più illustre tra i padri siriaci, dichiarato dottore della Chiesa universale da Benedetto XV nel 1920. Nato a Nisibi nel 306 circa, pare sia divenuto cristiano intorno ai 18 anni. Come Afraate anch’egli fu un figlio del patto, vale a dire un asceta vivente nel mondo, vincolato a Cristo nell’impegno di castità e di astinenza. Sappiamo che fu diacono. Legato da amicizia con il vescovo Giacomo, fondò con costui la scuola teologica di Nisibi che diresse finchè la città rimase entro l’impero romano. Quando però l’imperatore Gioviano la cedette ai Persiani a seguito d’una sfortunata guerra contro costoro, Efrem si rifugiò a Edessa dove fondò un’altra scuola teologica (scuola teologica dei Persiani).
 Efrem fondò con il vescovo Giacomo la scuola teologica di Nisibi che diresse finchè la città rimase entro l’impero romano.  Riesce oggi difficile delimitare i confini della vastissima produzione letteraria di Efrem che, come sappiamo, scrisse soltanto in siriaco. Talune sue opere vennero ben presto tradotte in greco, lingua che egli non conobbe. Massimo poeta dell’antichità cristiana, Efrem scrisse quasi tutti i suoi sermoni in metrica, cosa che facilitò la loro assunzione da parte dei Bizantini. Il suo pensiero teologico, mentre ignora cultura e filosofia greca, è tributario alle tradizioni giudaiche, giudeocristiane e prenicene asiatiche. Per la storia del dogma la sua testimonianza si rivela perciò fondamentale in quanto riflette un cristianesimo aramaico e mesopotamico imbevuto di categorie semitiche. La dottrina di Efrem è generalmente ortodossa.
 Massimo poeta dell’antichità cristiana, Efrem scrisse quasi tutti i suoi sermoni in metrica, cosa che facilitò la loro assunzione da parte dei Bizantini Il silenzio e l’umiltà che egli esterna rispetto al mistero divino lo preservano da deviazioni dottrinali. Contro il fondamentalismo scritturistico degli speculativi, che si fissano su alcune immagini di Dio quasi fossero le uniche, e al tempo stesso altamente conscio del mistero di Dio, Efrem si avvale di numerosi simboli per meglio accostarlo. « Questo Gesù » scrive « ci ha moltiplicato i simboli, sono caduto in un mare di simboli che mi presentano in parabole la resurrezione dei morti attraverso ogni tipo di simboli e di figure » (Carmina Nisibena, 39,17). Di notevole interesse è il pensiero mariologico di Efrem che non a torto viene considerato il primo mariologo.
A parte le affermazioni sulla verginità prima e dopo il parto, egli si esprime anche sul concorso positivo di Maria nell’opera della salvezza [3]. In cristologia seppe precorrere la dottrina e le definizioni dei concili posteriori riconoscendo in Cristo l’unica persona divina e l’unità inconfusa, intima e sostanziale delle due nature. L’emergente personalità teologica di Efrem attrasse a Edessa un grande numero di studenti.  L’emergente personalità teologica di Efrem attrasse a Edessa un grande numero di studenti. Eppure alla sua morte, avvenuta nel 373, l’imperatore Valente scacciò dalla città clero e fedeli ortodossi che vi fecero ritorno quando egli morì (378). Nel secolo V a Edessa emerge la personalità del vescovo Rabbula (412-435) che difese l’ortodossia cattolica contro il nestorianesimo e i gruppi gnostici ancora presenti. Alla sua morte divenne vescovo della città Ibas, un fervente partigiano di Nestorio e delle posizioni tradizionali della scuola teologica antiochena. Con lui il nestorianesimo ebbe a Edessa un notevole sviluppo che terminò con la chiusura della scuola teologica voluta dall’imperatore Zenone (489).
In questo frangente dottori e discepoli di tendenze nestoriane si trasferirono a Nisibi che divenne così il centro di diffusione del nestorianesimo sia in Persia che nell’Asia. Alla morte di Efrem dottori e discepoli di tendenze nestoriane si trasferirono a Nisibi che divenne così il centro di diffusione del nestorianesimo sia in Persia che nell’Asia  Da un punto di vista politico, la città rimase oggetto di contesa tra l’impero persiano e quello bizantino. Il sopravvento dell’imperatore di Bisanzio, Eraclio (610-641), non durò a lungo poiché già nel 639 Edessa cadde in mano agliArabi. Da quel momento essa perse la sua importanza, tanto dal punto di vista religioso che politico.

NOTE DI VIAGGIO

COME CI SI ARRIVA
Posta a una cinquantina di km dal confine con la Siria, è il crocevia tra la E24, che da Gaziantep si spinge nell’estremo est della Turchia, e la strada proveniente da Diyarbakır.

Distanze:
da Adıyaman km 100
da Diyarbakır km 188
da Gaziantep km 149
da Mardin km 182

Provincia: Şanlıurfa
Aeroporto: Şanlıurfa

LUOGHI E MONUMENTI INTERESSANTI
La Cittadella, costruita dai crociati dopo la conquista della città nel 1098, ancora oggi con le sue 25 torrette, mostra tutta la sua solida compattezza.
*Il Gölbaşı con questo nome viene indicato l’insieme di moschee, madrese, e altri edifici sorti attorno al bacino di Abramo; una grande vasca-piscina con numerose carpe ritenute sacre.
Il Museo archeologico, ricco di mosaici, tavolette, iscrizioni coraniche e altre opere ittite, assire e romane.
Interessante anche la visita al bazar e alla città vecchia, con case antiche e vecchie moschee.

FONTI STORICHE

NOI OSSERVIAMO LE LEGGI DI CRISTO
Che dirò poi, della nostra nuova stirpe di cristiani che Cristo con la sua venuta si è edificato in ogni luogo e in ogni regione? Noi tutti, in qualunque regione ci troviamo, veniamo detti cristiani dall’unico nome di Cristo. Nel giorno di domenica ci raduniamo mentre in altri giorni fissati ci asteniamo dal cibo. E i nostri fratelli che sono in Galazia non si accoppiano con i maschi; né quelli che vivono con i Parti non si prendono due donne e quanti stanno in Giudea non sono circoncisi… Quelli che vivono a Edessa non uccidono le loro mogli o le loro sorelle che commettono adulterio ma si allontanano da esse e le abbandonano al giudizio di Dio… In qualunque luogo siano, le leggi dei diversi paesi non distolgono i cristiani dalle leggi di Cristo e il fato che governa non li costringe a compiere cose che a essi paiono impure.
(Bardesane, Libro delle leggi dei Paesi, trad. di L. Padovese, Roma 1987)INNO AL PADRE
Noi ti lodiamo, essendo tu ammantato di laude! Noi ti confessiamo, quantunque tu non ne sia bisognoso! Noi ti esaltiamo dalle profondità inferiori, mentre la tua dimora è nei cieli del cielo! Il tuo volere è disopra dal cielo: e il tuo comando, disotto dalla terra. Non ti lavorarono le nostre mani, né s’affaticarono in te le nostre dita; ti dipingemmo nel nostro cuore, e ti raffigurammo nella nostra mente: il nostro pensiero ti contempla. Noi ti chiamiamo Dio; ti nominiamo Padre, perché tu ci hai generati: Re e Dio, perché tu ci hai chiamati. Ti circoscriviamo, ma non vi riusciamo; ti confrontiamo, ma non hai somiglianza. Il tuo aspetto è recondito: ma grande è la tua possanza. La tua maestà è segreta: ma da te dipende il creato. Le acque immense stanno contenute nel tuo pugno: i monti eccelsi tu pesi con la bilancia, e le altitudini con la stadera. La terra è ampia, larga, spaziosa: eppur la sua misura è quanto basta per lo sgabello dei tuoi piedi. Tu misuri col tuo pugno la polvere della terra, e il cielo, è il tuo trono: ma essi non ti sostengono. Benché sia grande il tuo nome ed eccelse le tue opere, pur rimpicciolisti la tua grandezza in proporzione della nostra lingua. È capace di te la nostra bocca, e tu abiti dentro di noi. Tu dimori nei giusti, e spazioso è per te il luogo. S’insinua la tua grandezza nel piccolo cuore e ci rendi templi di dimora per la tua gloria: tuoi santuari tu ci hai chiamati. La tua maestà camminò fra noi, come già in precedenza testificasti per bocca dei tuoi profeti: « Dimorerò fra loro e camminerò fra loro ». Tu dimori nei quieti, abiti negli umili; prendi la tua quiete nei quieti e nei buoni, ti compiaci dei penitenti, riguardi i giusti, esulti nei poverelli, prendi a prestito dai bisognosi come un uomo plebeo. Non c’è limite alle tue misericordie, non c’è misura alla tua grazia.
(Afraate, Dimostrazione dell’acino, trad. G. Ricciotti, Roma 1929, 142-143)INNO ALL’UMILTÀ DI CRISTO
Per te comincerò e sulla tua fiducia pur finirò,
o Dio infinito.
Aprirò la mia bocca sul tuo abbassamento:
riempila tu, o Signore, dei tuoi tesori!
Io sono la terra, tu il seminatore:
semina la tua voce nella voce di me uomo disutile,
o tu che seminasti te stesso nella casta vergine,
che fosti un nato senza flusso generante,
che splendesti dal Padre
e fosti da Maria,
la quale senza seme dette frutto!
Il ventre ti porta, il presepio ti basta,
Simeone ti porta, o gigante Dio!
Ecco, tu sei limitato, sei tenuto, sei toccato;
corporeo sei tu, palpeggiato sei tu,
che pur sei natura non limitata giammai!
Ed ecco, entro i limiti di piccol presepio sei ristretto,
eppure chi pone limiti alla tua essenza?
Ecco, entro un limite tu sei, o tu che non sei limitato!
Volle infatti esser limitato
il Figlio illimitato che non è limitato.
Quanto audace sei tu, quanto dimesso, quanto terribile:
e svelata e nascosta è la tua generazione!
Ti butti su ognuno,
sorridi a chi ti viene incontro;
ilare è la tua fronte a ognun che ti baci,
le tue labbra sono soffuse di balsamo di vita,
aromi fluiscono dalle tue dita,
splendidi sono gli occhi tuoi:
ecco, si volgono verso la madre tua
la quale ha fame di vederti.
Ed ecco, affamati di te sono i figli della Chiesa.
O maestro di tua madre, o Dio di tua madre,
o Signore di tua madre,
o tu più giovane e più vecchio di tua madre,
cessa pur, mi rendi attonito:
la tua audacia, ecco, mi opprime;
chi ti contemplerà e non aspirerà del tuo profumo?
Ecco, il tuo svestirti fa meravigliare gl’intelligenti.
Ecco, vincolate son le tue mani,
ecco ricalcitranti sono i tuoi piedi,
ecco, amabile sei tu tutto quanto,
ecco, tutta la tua bocca balbetta del Padre tuo!

(Efrem il Siro, Inni alla Vergine, trad. di G. Ricciotti, Torino, 1939, 45-53)