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NICEA oggi İZNİK Dell’antica Nicea, Niceadel suo glorioso passato in epoca romana e della sua ricca tradizione cristiana in epoca bizantina rimangono pochi significativi monumenti come richiamo per il visitatore. I resti delle possenti mura possono ricordare l’importanza di questa città, che era capitale di un sultanato musulmano, quando fu conquistata dalla prima crociata e capitale dell’impero bizantino dal 1204 al 1266, quando Costantinopoli fu occupata dai crociati. Situata ai bordi dell’omonimo lago è oggi un vivace centro agricolo, con ambizioni turistiche.

Sulle rovine d’una precedente città Antigono fece costruire una città cui diede il nome della propria moglie Antigoneia (316 a.C.).
 Questa città, amava definirsi città d’oro e Strabone la qualifica come metropoli della Bitinia.  Caduta nelle mani di Lisimaco, Antigoneia fu ribattezzata come Nicea, prendendo il nome dalla moglie di Lisimaco, Nike. Da quel momento e sino alla fondazione di Nicomedia (264 a.C.) Nicea fu capitale della Bitinia. Questa città, che amava definirsi città d’oro e che Strabone qualifica come metropoli della Bitinia, era circondata da possenti mura di cinta. Segno del suo splendore è quel che rimane del suo teatro la cui costruzione risale al 111- 112, tempo nel quale Plinio il Giovane vi risiedette in qualità di procuratore della Bitinia. Scossa da violenti terremoti nel II e III secolo, la città fu ricostruita per l’appoggio dell’imperatore. Gravi danni ebbe a subire a causa delleincursioni di Goti e Persiani che ebbero luogo sotto l’impero di Valeriano (252-260). Se il nome di Nicea appare di un certo rilievo nelle vicende politiche (si ricordi, a esempio, che in essa Valentiniano venne acclamato imperatore dalle sue truppe), ben più importante è il ruolo che essa ebbe nella storia del cristianesimo.
 thumbs_eteria_pagina_04_immagine_0001-2La tradizione vuole che suo primo evangelizzatore sia stato l’apostolo Andrea. La tradizione vuole che suo primo evangelizzatore sia stato l’apostoloAndrea il quale pose Callisto a capo della comunità cristiana. In effetti, prima del 325 e fatta eccezione per Nicomedia, di nessuna comunità cristiana della Bitinia possediamo notizie precise. La ragione di questo silenzio va ricercata nel fatto che la Chiesa della Bitinia non ebbe alcun vescovo o scrittore eminente. Ep- pure il cristianesimo dovette esservi ampiamente diffuso anche nelle campagne secondo la testimonianza fornita da Plinio nella lettera da lui indirizzata all’imperatore Traiano nella quale, tra l’altro, ricorda che « non soltanto le città ma anche i villaggi e le campagne sono invase da questa superstizione (= cristianesimo) » (Lettera 96). Nicea viene alla ribalta nell’estate del 325 allorché in essa si tenne il primo concilio ecumenico indetto dall’imperatore Costantino. Causa di questo concilio fu una disputa teologica sorta per opera di Ario, presbitero della Chiesa d’Alessandria d’Egitto. Nucleo del suo insegnamento era la negazione della divinità di Cristo. Ritenendolo creato prima del tempo e inferiore al Padre, Ario ne faceva un dio di secondo rango. Le sedute del sinodo si tennero nel palazzo imperiale e a esse intervennero circa 300 vescovi. Costantino stesso iniziò i lavori del sinodo il 23 maggio, invitando i partecipanti a ricercare la concordia e la pace (Eusebio, Vita di Costantino, 3, 13). Nel corso del concilio Ario, avvalendosi del sostegno di 17 vescovi, difese la propria dottrina ma senza successo. Il suo insegnamento fu condannato ed egli stesso, assieme a due vescovi egiziani e ad altri due suoi accesi e importanti sostenitori, Eusebio di Nicomedia e Teognide di Nicea, venne deposto e mandato in esilio.
 A Nicea nel 325 si tenne il primo concilio ecumenico indetto dall’imperatore Costantino  Dopo consultazioni, contrasti e compromessi il sinodo giunse alla stesura di una formula di fede che costituisce uno sviluppo del Credo Apostolico. Per quanto concerne la fede in Cristo, il dettato del concilio è il seguente: « Credo nel Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, unico generato dall’essenza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre » [1]. Oltreché alla disputa dottrinale prodotta daArio, il sinodo s’interessò anche della data della Pasqua (questione quartodecimana), d’uno scisma sorto in Egitto per opera di Melezio e giunse alla formulazione di venti nuove leggi ecclesiastiche promosse per dare orientamento comune alla prassi ecclesiastica allora vigente (disciplina penitenziale, riammissione degli eretici, scelta dei vescovi, loro spostamento di sede…). Importante risulta il canone 6 che ri
 thumbs_eteria_pagina_04_immagine_0002-1Tra contrasti e compromessi il sinodo giunse a una formula di fede che costituisce uno sviluppo del Credo Apostolico. conosce ad Alessandria, a Roma e ad Antiochia il titolo e i diritti di Chiese patriarcali. Inutile dire che il concilio rappresentò per Costantino una vittoria anche politica. Egli confermò i decreti del sinodo e li dichiarò leggi statali. La storia successiva della Chiesa di Nicea è legata alle vicende della crisi ariana che non ebbe termine con il concilio. Sappiamo che Teognide, amico diArio e di Eusebio, dopo tre anni d’esilio (328) riottenne il seggio episcopale di Nicea. Gli successe Eugenio ed Ipazio, entrambi filoariani. Quest’ultimo venne però deposto da Teodosio il Grande che pose al suo posto l’ortodosso Doroteo (380-381). A parte le informazioni sulla serie dei vescovi, Nicea ritorna in piena luce allorché in essa— e propriamente nella Chiesa della Santa Sofia ancor esistente — si tennero le sedute del settimo concilio ecumenico (787).
 Il canone 6 che riconosce ad Alessandria, a Roma e ad Antiochia il titolo e i diritti di Chiese patriarcali Origine di questo sinodo fu la questione iconoclasta. Dal 726 gli imperatori bizantini Leone III e Costantino V Copronimo avevano proscritto il culto delle immagini, favorendone la loro distruzione. L’avvento al trono di Irene II (780), mutò la situazione. Avvalendosi dell’appoggio del patriarca Tarasio, ella convocò un sinodo a Nicea per risolvere la crisi in corso sulla quale gravava, non da ultimo, l’influenza del mondo arabo, contrario a ogni raffigurazione [2]. La lettera che il vescovo di Roma,Adriano I, aveva indirizzate al concilio a favore del culto delle immagini fu sottoscritta dai circa 335 vescovi presenti i quali s’occuparono pure di problemi inerenti alla disciplina ecclesiastica.
thumbs_eteria_pagina_07_immagine_0001Dei venti canoni prodotti da questo concilio, merita d’essere ricordato il terzo di essi: « Ogni nomina di un vescovo, prete o diacono che è fatta da un principe secolare è da ritenersi invalida ».A Nicea si tennero le sedute del settimo concilio ecumenico. Origine di questo sinodo fu la questione iconoclasta. Per la storia della Chiesa, Nicea riveste ancora un notevole interesse allorché Teodoro I Lascaris nel XIII secolo la eresse a capitale del suo regno.

NOTE DI VIAGGIO

COME CI SI ARRIVA
Dalla E5, İstanbul-Ankara, all’altezza di İzmit, si svolta verso Bursa. Dopo 86 km dalla deviazione si prende a sinistra per İznik.

Distanze:
da Bursa km 80
da İstanbul km 211
da İzmit km 107

Provincia: Bursa
Aeroporto: İstanbul

LUOGHI E MONUMENTI INTERESSANTI
* La Chiesa di Santa Sofia, dove si tenne il concilio ecumenico del 787. Trasformata poi in moschea in epoca ottomana, oggi è museo. Ancora ben conservata si può osservare l’abside, alcuni dipinti murali del VII-VIII sec. e frammenti di pavimentazione in mosaico.
* Le Mura della città con doppia cinta, quella romana e quella bizantina, alcune porte con torri ben conservate. Segnaliamo in particolare: la Porta di İstanbul, ornata di un fregio e di iscrizioni in onore dell’imperatore Vespasiano; la Porta di Yenişehir.
Il Teatro, di epoca romana e trasformato in epoca bizantina in fortezza. Rimangono poche vestigia.
La Chiesa della Koîmesis, chiesa del monastero della Dormizione. Distrutta nel 1922, non restano che le fondamenta, alcuni tratti delle mura, qualche elemento della pavimentazione e frammenti di ornamentazioni scultoree.
La Yeşil Camii, la moschea più interessante della città, costruita nel 1492.
Il Museo, piccolo ma ben tenuto.

FONTI STORICHE

PROFESSIONE DI FEDE DEI 318 PADRI DEL CONCILIO ECUMENICO NICENO (325)
Nicea 19 giugno-25 luglio (?) 325 convocato dall’imperatore Costantino. Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili e invisibili. E in un solo Signore, Gesù Cristo, figlio di Dio, generato, unigenito, dal Padre, cioè dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre [secondo i Greci: consustanziale], mediante il quale sono state fatte tutte le cose, sia quelle che sono in cielo, che quelle che sono sulla terra. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese dal cielo, si è incarnato, si è fatto uomo, ha sofferto e risorse il terzo giorno, salì nei cieli, verrà per giudicare i vivi e i morti. Crediamo nello Spirito Santo. Ma quelli che dicono: Vi fu un tempo in cui egli non esisteva; e: prima che nascesse non era; e che non nacque da ciò che esisteva, o da un’altra ipostasi o sostanza che il Padre, o che affermano che il Figlio di Dio possa cambiare o mutare, questi la chiesa cattolica e apostolica li condanna.
(in Decisioni dei concili ecumenici, a cura di G. Alberigo, UTET, Torino 1978, 105)

DEFINIZIONE DEL CONCILIO ECUMENICO NICENO II (787)
Nicea II convocato dall’imperatrice Irene. 8 sessioni dal 24 settembre al 23 ottobre 787. Il santo, grande e universale concilio, per grazia di Dio e per decreto dei pii e cristiani nostri imperatori Costantino e Irene, sua madre, riunito per la seconda volta nella illustre metropoli di Nicea in Bitinia nella santa chiesa di Dio del titolo di Sofia, seguendo la tradizione della chiesa cattolica, definisce quanto segue: Cristo, nostro Dio, ci fece dono della sua conoscenza e ci liberò dalle tenebre e dal furore degli idoli. E dopo aver fatta sua sposa la sua Chiesa, « senza macchia e senza ruga », promise di conservarla e confermò questa promessa dicendo ai suoi discepoli « Io sono con voi ogni giorno, fino alla fine dei secoli ». Ma questa promessa egli non la fece solo a loro ma anche a noi che attraverso loro abbiamo creduto nel suo nome. Alcuni, dunque, incuranti di questo dono, come se avessero ricevuto le ali dal nemico ingannatore, hanno deviato dalla retta ragione opponendosi alla tradizione della chiesa cattolica, non hanno più raggiunto la conoscenza della verità. E, come dice il proverbio, sono andati errando per i viottoli del proprio campo e hanno riempito le loro mani di sterilità; hanno tentato, infatti, di screditare le immagini dei sacri monumenti dedicati a Dio; sacerdoti, certo, di nome, ma non nella sostanza. Di questi il Signore dice così nella profezia: «Molti pastori hanno devastato la mia vigna; hanno contaminato la mia parte », seguendo, infatti, uomini scellerati, e trascinati dalle loro passioni, hanno accusato la santa chiesa, sposata a Cristo Dio, e « non distinguendo il sacro dal profano » hanno messo sullo stesso piano le immagini di Dio e dei suoi santi e le statue degli idoli diabolici. Non potendo, quindi, il Signore Dio sopportare che i suoi sudditi venissero corrotti da una tale peste, ha convocato con la sua divina volontà, noi da ogni parte; noi, ossia i responsabili del sacerdozio, attraverso lo zelo religioso e l’invito di Costantino e di Irene, nostri fedelissimi imperatori: tutto ciò perché la divina tradizione della chiesa cattolica riuscisse rafforzata da un voto comune. Dopo ricerche, quindi, e discussioni diligentissime, con l’unico scopo di seguire la verità, noi né togliamo né aggiungiamo cosa alcuna; vogliamo solo conservare intatto tutto ciò che è (proprio) della chiesa cattolica. Seguendo, perciò, i santi sei concili ecumenici, e specialmente quello che fu tenuto nella nobile Metropoli dei Niceni; e inoltre quello celebrato dopo di esso nella città imperiale, cara a Dio: Crediamo in un solo Dio… [segue il simbolo Niceno-Costantinopolitano]. Detestiamo e anatematizziamoArio e i suoi seguaci, e quelli che hanno in comune con lui la sua insana dottrina; così pureMacedonio e i suoi, ben a ragione chiamati « pneumatomachi », cioè gente che combatte lo Spirito. Confessiamo anche la signora nostra, la santa Maria, come vera e propria madre di Dio: essa, infatti, ha partorito nella sua carne una persona della Trinità, Cristo, nostro Dio, come ha insegnato anche il primo concilio di Efeso, che scacciò dalla chiesa l’empio Nestorio, e quelli che ne seguono il pensiero, perché introducevano un dualismo di persone (in Cristo). Confessiamo inoltre anche le due nature di colui che si è incarnato per noi dall’immacolata madre di Dio e sempre vergineMaria, riconoscendo in lui un perfetto Dio e un perfetto uomo, come ha proclamato anche il concilio di Calcedonia, scacciando dalla chiesa Eutiche e Dioscoro, blasfemi. Accomuniamo a essi Severo, Pietro, e il poliblasfemo loro codazzo, intrecciati l’uno all’altro. Con essi anatematizziamo le favolose invenzioni di Origene, di Evagrio, e di Didimo, come fece anche il quinto concilio riunito a Costantinopoli. Predichiamo, inoltre, in Cristo due volontà e due operazioni, secondo la proprietà delle nature, come solennemente dichiarò il sesto sinodo di Costantinopoli, sconfessando Sergio, Onorio, Ciro, Pirro, Macario, negatori della pietà, e i loro accoliti. In poche parole, noi intendiamo custodire gelosamente intatte tutte le tradizioni ecclesiastiche, sia scritte che orali. Una di queste, in accordo con la predicazione evangelica, è la pittura delle immagini, che giova senz’altro a confermare la vera e non fantastica incarnazione del Verbo di Dio, e ha una simile utilità per noi infatti, le cose, che hanno fra loro un rapporto di somiglianza, hanno anche senza dubbio un rapporto scambievole di significato.
(in Decisioni dei concili ecumenici, a cura di G. Alberigo, UTET, Torino 1978, 202-203)