74 – PATARA (p435)

PATARA Fu il porto della Licia ed ebbe anche una certa importanza, ma le poche rovine rimaste oggi non possono certo richiamare il traffico di merci e di imbarcazioni che una volta davano vita all’antica città. In compenso oggi sono sorti alberghi e sta crescendo fortemente il turismo. Il luogo è sicuramente interessante e la sosta può essere gradevole: lo stupendo mare della costa egea è sempre lì che attende.

Questa città, per un certo tempo principale porto della Licia, fu altresì sede del governatore romano di questa regione. Nel 42 a.C. venne visitata da Bruto [1].  Intorno al 140 d.C. l’antico e immortale Apollo di Patara riprese a parlare. Segno del culto di Apollo era la sua effige sulle monete della città.

thumbs_eteria_pagina_31_immagine_0001I granai del tempio di Adriano, il teatro (II sec. d.C.), i bagni romani e quelli cosiddetti di Vespasiano, lasciano ancora intravedere il benessere di cui Patara godette a causa del suo intenso traffico commerciale. La città possedeva un noto e assai frequentato tempio diApol- lo e ciò conferma l’impressione che la Licia fosse la patria della mantica.
Intorno al 140 d.C. l’antico e immortaleApollo di Patara—dopo un periodo di silenzio, — riprese a parlare. Segno del culto prestato all’Apollo oracolare locale era la sua effige sulle monete della città (I sec. d.C.). La città mantenne una certa importanza anche in epoca bizantina. Venne abbandonata soltanto in occasione delle guerre che opposero i bizantini ai Turchi.
In rapporto alle origini cristiane, il nome di Patara ricorre negli Atti degli Apostoli. Paolo vi giunse da Mileto, dopo essersi congedato dagli anziani della comunità di Efeso (cfr. At 20,17-38). Non è detto quanto a lungo egli soggiornò a Patara.

 

 

thumbs_eteria_pagina_35_immagine_0001Da qui egli comunques’imbarco’ alla volta della Fenicia (cfr. 21,2). È di rilievo ricordare che a Patara nacque Nicola, vescovo di Mira. Per la storia del cristianesimo in questa città è pure di rilievo ricordare che vi nacque Nicola, vescovo di Mira (seconda metà del III sec.). Non va dimenticato che Metodio di Olimpo ( † 311) ambientò a Patara la sua opera Convivio o Dialogo sulla verginità [2]. Ancora di Patara ci sono tramandati i nomi dei martiri Paregorio e Leone e quelli di alcuni vescovi che guidarono questa comunità: Eudemio (325), Eutichiano (359), Eudemio (381), Cirino (451) e Licinio o Luciano (536).

 

 

NOTE DI VIAGGIO

COME CI SI ARRIVA

Dalla strada che unisce Fethiye a Kaş bisogna deviare verso la costa per 8 km prima di giungere alle rovine di Patara.

Distanze:
da Antalya km 231
da Fethiye km 71
da Kaş km 42

Provincia: Antalya
Aeroporto: Antalya

LUOGHI E MONUMENTI INTERESSANTI
Il Teatro, del II sec. d.C. Si possono ammirare solo alcune gradinate. Il resto è ancora invaso dalla sabbia.
I granai del tempio di Adriano, destinati a raccogliere cereali che venivano poi imbarcati per tutto l’impero romano. Sufficientemente ben conservati.
Il Tempio corinzio. Piccolo, ma che conserva ancora un alto muro, una bella porta scolpita e altri pochi resti. È del II sec. d.C.
L’Arco di trionfo.
Le Terme romane.

FONTI STORICHE

BRUTO A PATARA (42 A.C.)
Bruto da Xanthos scese a Patara, città con porto de’ Xanthii. Dispostovi intorno l’esercito le intimò di ubbidire in tutto, o di aspettarne il destino di Xanthos. E qui le mise innanzi dei Xanthii i quali deploravano il caso loro, e l’ammonivano a seguire consigli più sani. Non diedesi risposta affatto agli ammonimenti, e Bruto concedè tutto quel giorno da consultarsene, e si ritirò. Avvicinatovisi col nascere del nuovo giorno, que’ cittadini gridarono di su dalle mura che farebbono quanto volesse, e gli aprirono le porte. Entratovi non uccise, e non esiliò: ma raccolse quanto il pubblico aveva di oro e di argento con ordine ai privati di presentarne pur essi quanto ne aveano; e prescriveansi pene a nasconderlo, e premii a rivelarlo, come Cassio aveali proclamati in Rodi. Eseguitosi da’ privati il comando, un tal servo diede indizio dell’oro occultato da un padrone, e mandatogli compagno un centurione glielo mostrò. Così ne erano menati tutti prigionieri, ed il padrone andavane taciturno. La madre però, per liberare il figlio lo seguitava gridando, che essa era stata la occultatrice. Ma il servo nemmeno interrogatone convinse lei di menzogna, e reo l’altro di occultamento. Lodò Bruto il placido silenzio del giovane, e la pietà della madre: e concedette che ne andasse l’uno e l’altro in loro balia coll’oro ancora, e fece appendere il servo, come trascorso di troppo in rovina dei suoi padroni.
(Appiano d’Alessandria, 95-170 d.C., Le guerre civili, trad. di M. Mastrofìni, Milano 1830, 1)

NON ESISTE IL DESTINO
Chi sentenzia che l’uomo non sia arbitro di se stesso ma sia mosso dalle ineluttabili leggi non scritte del destino, oltraggia lo stesso Iddio, presentandolo come causa e produttore del male umano. Se lui infatti, reggendo il timone dell’universo, dirige armoniosamente, con sapienza ineffabile e incomprensibile, tutti i movimenti degli astri, e se gli astri a loro volta conferiscono alla vita le qualità del bene e del male, traendo a esse gli uomini con i vincoli della necessità, Dio appare, secondo loro, fonte e distributore dei mali; ma tutti son ben convinti che Dio non è affatto l’origine d’ogni strage e rovina. Dunque non esiste il destino. Chiunque abbia anche solo un po’ di buon senso ammette che Dio è buono, giusto, sapiente,verace, benefico, e che non è causa del male, che non è ravvolto tra le passioni e tutto ciò che è simile. E se i giusti sono migliori degli ingiusti, se l’ingiustizia fa loro nausea, anche Dio, che è giusto, gode della giustizia e abomina l’ingiustizia, che è contraria e nemica alla giustizia. Dio dunque non è causa dell’ingiustizia… Anche la legge esclude il destino prefissato dalla nascita, insegnandoci che la virtù deve essere appresa, che la si raggiunge con l’applicazione e che rispettivamente il vizio deve essere fuggito, e che si genera per mancanza di educazione. Dunque non esiste il destino. Se proprio dal destino dipendesse se noi facciamo male agli altri o gli altri lo fanno a noi, a che servirebbero le leggi? Se poi servissero per difenderci dai malvagi, prendendosi cura Iddio di quelli che soffrono ingiustizia, sarebbe però meglio che i malvagi neppur venissero, per fatalità, all’esistenza, piuttosto che, venuti all’esistenza, sian poi corretti dalle leggi. Ma Dio è buono e sapiente, e opera il meglio. Dunque non esiste il destino. Veramente l’educazione e le abitudini sono causa dei peccati, o le passioni dell’anima e le brame del corpo.Qualsiasi di queste sia la causa, chiunque sia in causa, Dio non è causa del male. Se è meglio essere giusto che ingiusto, perché l’uomo non diventa tale, subito, fin dalla nascita? Se in seguito lo si indirizza con lo studio e le leggi a divenir via via migliore, ciò avviene perché è libero e padrone di sé, e non è cattivo per natura.
(Metodio di Olimpo, Dialogo sulla verginità, 8, 16, in La teologia dei Padri, vol. I, a cura di G. Mura, Roma 1975, 111-112)