I cappuccini a Smirne

I primi tentativi missionari

L’odierna Izmir (Smirne), vivace città della moderna Turchia, al centro di un grande golfo che ne fa un porto importante della costa egea, corrisponde all’antica Smirne, città che vanta d’aver dato i natali al grande poeta Omero e che, sino a non molti anni fa era, dopo Istanbul, la più importante città dell’impero turco.erremoti, pestilenze, incendi più volte la colpirono e distrussero quasi interamente, ma ogni volta risorse con energia, restando al centro del grande traffico marittimo e carovaniero che unisce la costa egea all’entroterra anatolico, sino alle grandi vie dell’Oriente.
Ancora oggi è una grande città, dinamica e signorile, con un grande attivissimo porto, fabbriche, centri commerciali e quant’altro, facendone forse la città più occidentale (come mentalità e costumi) della Turchia.

Con i suoi due milioni e oltre di abitanti la città è in grande espansione e, come un cantiere aperto, continua a riordinare le sue strade, autostrade e quanto occorre per tenere aperte le vie del traffico e del turismo verso la costa egea e l’interno dell’Anatolia.
I cristiani cattolici guidati dall’Arcivescovo residenziale mons. Ruggero Franceschini, un cappuccino emiliano, sono all’incirca duemila. Si tratta tuttavia della comunità cristiana più numerosa, in quanto i greci ortodossi, dopo la guerra che contrappose Grecia e Turchia con la sconfitta della prima ad opera del generale turco Mustafa Kemal, detto “Atatürk” (padre dei turchi) nel 1922 sono scomparsi quasi del tutto. Vi sono anche alcune decine di protestanti e qualche anglicano.

Assistono la piccola comunità religiosa diversi Ordini religiosi: i cappuccini sono presenti con 3 frati a Meryemana Evi (la “Casa della Madonna”) a Efeso, un santuario mariano molto frequentato, a Bayraklı, parrocchia con 2 frati, a Buggià (Buca), parrocchia con 1 frate. Poi ci sono i frati Minori (2 frati) presso la loro antica chiesa di Santa Maria, e i frati Conventuali (3 frati) giunti da poco e residenti nella parrocchia di Karşiyaka, i frati Domenicani (3 frati), da tempo residenti presso la chiesa di S. Maria del Rosario nel centro città.

I cappuccini si insidiano a Smirne

I primi cappuccini giunsero a Smirne nel novembre 1628 chiamati dal console francese Jean Dupuy, su sollecitazione del re Luigi XIII, alla cui corte lavorava come consigliere del card. Richelieu il famoso frate cappuccino p. Giuseppe du Tremblay (cfr. pag. 7 di questo numero). Il console aveva già presso di sè, come cappellani, due padri gesuiti lasciati dal suo predecessore, e inizialmente furono infatti ospitati insieme ai gesuiti, mentre il console cercava una dimora per i due cappuccini appena giunti. Questi due gesuiti erano arrivati qualche anno prima, esattamente nel 1623.
Sino a quel momento a Smirne, che in epoca antica aveva avuto un Arcivescovo latino (1344) insediato al tempo dell’occupazione della città da parte di Genova (Genova tenne la città sino al 1364), non v’erano che due frati Minori del Veneto, che gestivano una piccola cappella per tutti i cattolici (pochi in verità), presso il consolato di Venezia. L’ultimo vescovo era morto nel 1580 e non era più stato designato alcun successore. Visitando Smirne, il p. Pacifico da Provins, cappuccino francese, così ne scriveva:
«Smirne non è più vescovato, come per lo innanzi; in essa, come nella più parte delle città turche, vi ha più di Greci, ed Ebrei, che di Turchi; vi ha i consoli di Francia , Venezia, Inghilterra e Fiandra; quattro moschee, una o due chiese greche, una sinagoga e per i cattolici una cappelletta tenuta dai Padri Osservanti veneziani per confessare i cristiani.
E poiché vi è questione tra i consoli di Francia e Venezia, non volendo questi dar precedenza all’altro nella sua chiesa, quegli ha tolto un Conventuale della sua nazione , il quale nella cappella della sua casa fa tutte le funzioni di curato e confessa tutti i francesi» (Clemente da Terzorio, Missioni dei Cappuccini, vol. III, pag. 7).

Nel 1623 il console francese aveva così chiamato due padri gesuiti che sostituivano il conventuale di cui si fa cenno sopra. Vi era in corso infatti un aspro litigio tra il console francese e quello di Venezia, per questione di precedenze. «La pretendeva il console di Francia, come il più antico in Oriente, la esigeva quello di Venezia, come proprietario della chiesa» (Ibidem, pag. 13)

Il nuovo console francese ambisce a qualcosa di più della sola cappellania privata, egli vuole una vera chiesa a cui possano accedere liberamente anche gli altri francesi e altri cattolici che, con l’esaspansione dei commerci, stavano crescendo

«Là, ove oggi è S. Policarpo (una chiesa e una casa che esistono ancor oggi e dove dal 1985 ha posto la sua sede l’attuale Arcivescovo di Smirne, dopo che si sono ritirati gli ultimi cappuccini francesi), vi erano allora immensi giardini. Nel mese di febbraio del 1629, fu comprata segretamente, per il prezzo di 1200 piastre, una parte di quei vasti giardini dalla vedova di un giannizzero per nome Omar Aghà, e, nel seguente mese di marzo, s’incominciò la fabbrica sotto la direzione dei pp. Evangelista e Mattia che avevano fatto disegno su cartone» (Ibidem, pag. 16).

La costruzione della casa però procedeva lentamente per mancanza di soldi che i poveri Cappuccini non riuscivano a trovare. Allora il console stesso «sicuro delle promesse fatte dal potente p. Giuseppe da Tremblay, spendendo del suo, spinse innanzi i lavori» (Ibidem, pag. 17).
L’8 settembre del 1630, festa della Natività della Beata Vergine Maria, i frati Cappuccini, pieni di giubilo, «non essendo ancora pronta la chiesa, celebrarono la Messa nel loro refettorio» (Ibidem, pag. 17).

Mentre i due gesuiti (il p. Francesco Carillac, sacerdote e fr. Jean Callaro, fratello laico) continuavano a gestire la cappella del consolato francese, i cappuccini cominciarono ad assistere i cattolici francesi e di altre nazioni dimoranti in città. Si dedicavano anche alla conversione degli “scismatici”, soprattutto armeni, accrescendo così il numero dei cattolici.

l console Dupuy però volle subito costruire anche la chiesa, ma perché fosse completamente funzionanate, senza alcuna restrizione, chiese ed ottenne da Roma un decreto del 23 dicembre 1630 (poi confermato nel 1640 e definitivamente nel 1663), «con il quale si dichiarava parrocchia la sua nuova chiesa, destinata al servizio spirituale della nazione francese e dei suoi “aderenti”» (Ibidem, pag. 18).

La parola “aderenti” poteva avere un significato molto largo e indefinito, da qui i successivi interventi per meglio precisare i limiti di quel termine.
Tuttavia quel decreto sancì la nascita della parrocchia dei cappuccini, che poterono operare da quel momento in piena libertà.

Chiesa e convento, costruiti in pratica a spese del console, furono, con un accordo ratificato a Parigi il 13 luglio del 1637, acquistati dal re di Francia, tramite l’ambasciatore di Costantinopoli, e quindi donati in perpetuo ai detti frati cappuccini. «L’intenzione poi di sua maestà è quella che i detti Padri i quali sono e saranno in questa casa, che l’abitano oppure no, essa sia sempre e resti perpetuamente acquistata e destinata al loro ordine, come titolo di fondazione reale, senza che essi potessero esserne mai privati o tolti di possesso in alcun tempo, per qualsiasi motivo, sia in considerazione di persone secolari o regolari, a meno che non sia di proprio consentimento di essi Padri Cappuccini.

Nè sia lecito ad alcuno di molestarli o disturbarli nel possesso di questa casa, e che i Padri di questa casa siano tutti francesi e non di altra nazione» (Ibidem, pagg. 28-29).

Con la nuova chiesa, alle cui funzioni presenziava anche il console, per un po’ di tempo si invertirono le parti e i pp. Gesuiti, che pure avevano una casetta, vi erano ospitati per la celebrazione della S. Messa e altre funzioni liturgiche, fino a quando nel 1638-40, acquistato un terreno «all’estremità della città, su una punta lambita dal mare» (Ibidem, pag. 36) vi costruirono una cappella e un loro convento che tennero fino al 1778 quando «il governo francese, presi i dovuti accordi con Roma, consegnava la Missione dei Gesuiti ai Padri Lazzaristi, che tutt’ora conservano.

Intanto a Smirne l’opera benefica dei Cappuccini, estesa a tutti i punti della città, destava l’ammirazione del pubblico, e andò così innanzi, che in breve si conciliaron la stima dei Superiori ecclesiastici e dei cittadini» (Ibidem, pag. 39).

Questa presenza dei cappuccini francesi continuò così con alterne vicende sino alla Rivoluzione francese quando, con la soppressione degli Ordini religiosi in Francia, i cappuccini francesi si trovarono allo sbaraglio, e allora subentrarono, com’era accaduto nelle altre missioni di Francia, i cappuccini italiani.
«In Francia, chiusi i conventi, tagliata la via dalla quale venivano i missionari, questi, a poco a poco, scemarono, e come a Costantinopo-li, così a Smirne, i Cappuccini italiani presero il posto dei confratelli francesi» (Ibidem, pag. 151).

L’attività dei cappuccini si espande

Nel frattempo dobbiamo annotare la fondazione di una Missione anche a Kuşadası, 60 km fuori Smirne, nei pressi di Efeso, oggi centro balneare-turistico tra i più famosi della Turchia.

Due frati furono mandati nel 1641 in quella località, così descritta dal Superiore della Missione: «Kuşadası è un porto nell’Anatolia presso Efeso, guardato da un castello non tanto forte contro le incursioni, dei Cavalieri di Malta. Nuovo luogo, nuova gente, che si va formando da quella vessata nelle isole; qui benignamente trattata, immune da gabelle, perché accorresse. Il castello occupato dai Turchi, il più degli abitanti greci e i pochi latini e gli armeni, dipendenti dal metropolita di Efeso […] Il sig. Dupuy nel suo zelo per la propagazione della fede cattolica e benevolenza verso l’Oriente ne diede ivi una sua casa, ove si può menar vita religiosa e tener scuola e cappella. La scuola è già incominciata, tutta di Greci. Il p. Martino, superiore di questa Missione, e l’altro Missionario, p. Francesco, vi predicano in greco, italiano e francese, a mo’ dell’uditorio: spesso nelle chiese greche, non di rado nelle navi patrie; acciò tanti che corrono i mari per guadagnar ricchezze temporali, non perdano le eterne. Gli Armeni, non avendo nè sacerdoti, nè chiesa, pregarono che li ammettessimo ai sacramenti nella nostra; ammessi volentieri, ne resero molte grazie a Dio» (Ibidem, pagg. 53-54).
Ai due frati fu presto aggiunto un terzo, il p. Pietro d’Abbeville il quale, imparata la lingua turca, si dà all’apostolato in vari villaggi della costa, parlando in turco a quella gente, e suscitando grande ascolto anche per l’austerità e santità di vita che egli conduceva.
A Tiatira, annotano le cronache, la gente volle ascoltare più volte nella stessa giornata il p. Pietro, tanto era l’entusiasmo che suscitava.Tra le varie attività di questi missionari abbiamo anche la notizia di un dizionario francese-turco ad opera di p. Bernardo da Parigi, stampato a Parigi verso il 1650 e poi tradotto in italiano (dizionario italo-turco) nel 1665 dal p. Pietro d’Abbeville, sopraricordato. Per le cronache, segnaliamo che mons. Giuliano Hillereau, nella sua visita apostolica fatta a Smirne nel 1833, nella relazione inviata alla Santa Sede, scrive che tra Smirne e le cittadine vicine del Vicariato Apostolico dell’Asia Minore, aveva trovato «6354 cattolici, dei quali 596 eran persiani, 919 armeni, 83 aleppini e damasceni, 392 sciotti, e tutti questi sudditi della Porta; poi 810 austriaci e veneziani, 232 ragusei, sudditi dell’imperatore d’Austria; 417 genovesi, 17 piemontesi, 6 savoiardi, sudditi e protetti dal re di Sardegna; 1033 tiniotti e 55 siriotti, sudditi del re di Grecia; 22 inglesi, 442 maltesi e 3 corfiotti, sudditi del re d’Inghilterra; 653 francesi sudditi della Francia. Finalmente 20 persiani, 30 spagnuoli, 74 russi, 148 napoletani, 16 romani, 23 toscani, 22 olandesi, 35 svedesi, 23 americani, ed altri 260 cattolici dei quali non si conosceva la nazione» (Ibidem, pagg. 196-197).
Questi cattolici erano seguiti da tre parrocchie: due amministrate dai frati Minori e S. Policarpo tenuta dai Cappuccini e sotto la protezione francese, anche se i cappuccini erano per lo più italiani. Tra questi missionari italiani ci piace segnalare come superiore a Smirne p. Cipriano da Cesena (+1847) della Provincia di Bologna, perché della nostra regione dell’Emilia-Romagna.

Fondazione di Bayrlakly

Bayraklı era a fine ottocento un piccolo villaggio delle prime colline che dolcemente degradano verso il mare appena fuori Smirne (a soli 8 km), nello stesso golfo, verso nord-ovest. Oggi è parte integrante della grande città di Smirne e il nome ne designa il quartiere. Proprio per la sua amenità il villaggio, abitato in maggioranza da cristiani (ortodossi e cattolici), divenne luogo di villeggiatura di alcune famiglie latine, soprattutto italiane, che si trovavano a Smirne per commerci e altri affari.

Il Superiore regolare della Missione, il p. Gian Battista da S. Lorenzo (Reggio Calabria), facendo visita colà a una famiglia amica, si rese conto della buona opportunità di fondarvi una chiesa e una casa per i frati, non essendovi altri sacerdoti e stante lo sviluppo e la crescita del villaggio.
Avuto il permesso scritto di mons. Tonini, Arcivescovo di Smirne (16 novembre 1901), e un pezzo di terra in dono dal proprietario di quelle terre, un certo Jahye Fhayati Pascià, egli vi costruì subito una casa ove nel 1904 presero dimora due frati, un sacerdote e un fratello laico, che dovevano curare anche la costruzione della nuova chiesa.

Nel 1903 arrivò anche il firmano del Sultano che concedeva di costruire la nuova chiesa. Questa costruzione procedette però a rilento per la scarsità di mezzi economici e solo nel 1922 potè essere completata. Il 13 agosto finalmente si ebbe la Benedizione solenne della nuova chiesa parrocchiale fatta da mons. Federico Vallega, Arcivescovo di Smirne, presenti varie autorità tra cui il console generale di Francia, che continuava a svolgere la sua funzione di protettore dei luoghi cristiani d’Oriente.
Prendeva così l’avvio di quella attività di assistenza parrocchiale alla piccola comunità cattolica che continua sino ad oggi e che vedrà impegnati i cappuccini emiliani. Il primo che vi troviamo in ordine di tempo è p. Francesco da Scandiano, missionario in Turchia dal 1921, e che ebbi il piacere di conoscere direttamente negli anni 1973-78 dopo che era rientrato in Italia, ormai vecchio di anni e glorioso di opere missionarie, ove morì nel 1978. Egli fu parroco a Bayraklı negli anni 1931-41.
Un altro frate emiliano che vi rimase per un po’ di tempo come parroco fu p. Giacomo Bazzali (1950-1964) e ultimamente p. Vincenzo Succi, parroco dal 1964 al 1987 e, dopo un intervallo di qualche anno in cui fu impegnato nel sud della Turchia, dal 2001 ad oggi.

 Acquisto del monte Pagos. Un tentativo di turismo religioso?

Dell’acquisto di un terreno e della costruzione di un altro convento da parte dei Cappuccini a Buca (Buggià) adibito a seminario e noviziato per i giovani dell’Istituto Apostolico d’Oriente che intendevano diventare frati, è stato già scritto nel precedente articolo (cfr. pagg. 17-21).
Vogliamo qui solo aggiungere un altro acquisto che i Cappuccini fecero a Smirne e che avrebbe potuto avere grande sviluppo con il turismo religioso se solo avesse avuto continuità…
Durante il suo Superiorato, iniziato nel 1905, un certo p. Isidoro da Smirne, un frate cresciuto nell’Istituto Apostolico d’Oriente, decise di comperare nel 1905 sul monte Pagos, che dominava la città di Smirne, un vasto terreno con una “casetta per la vistosa somma di lire 18000” (Ibidem, pag. 403)In ciò ebbe l’approvazione e l’aiuto di p. Pacifico da Seggiano ministro Generale dei Cappuccini. L’acquisto mirava a inglobare nella proprietà le rovine di una antica chiesa di S. Policarpo e la sua tomba, ancora là conservata.
Il tutto presso la cavea dell’antico stadio romano in cui era stato martrizzato il grande santo S. Policarpo (+105), vescovo di Smirne, discepolo dell’Apostolo Giovanni. Egli infatti fu bruciato vivo in quello stesso stadio.

Due anni appresso, nel 1907 ad opera di p. Gianbattista da S. Lorenzo, usciva il libro di 350 pagine “S. Policarpe et son Tombeau” (S. Policarpo e la sua tomba) in cui si raccontava la storia di Smirne, la sua evangelizzazione e si illustrava il monte Pagos, lo stadio, l’antica chiesa in rovina di S. Policarpo con la sua tomba, il teatro, il castello.
Possiamo dire che fu un notevole investimento (il terreno e il libro), forse il primo che conosciamo, da parte dei pp. Cappuccini, per un futuro di turismo religioso e pellegrinaggio. Evidentemente si mirava a conservare quel luogo in vista di edificare (o ricostruire) una chiesa per favorire i pellegrinaggi alla tomba di S. Policarpo. Foto storica (inizi del ‘900) dell’archivio dei PP. Cappuccini di Parma: un gruppo di novizi del convento di Buca (allora periferia di Smirne), ora non più esistente, prega nella zona dello stadio dove fu martirizzato S.Policarpo. Oggi i palazzi costruiti non permettono neppure di riconoscere la zona.
Qualcosa di analogo a quanto in quegli stessi anni stavano facendo i loro confratelli, i Frati Minori Osservanti in Terra Santa, con l’acquisto di terreni legati alle memorie bibliche.

 

Peccato che quell’idea non abbia potuto svilupparsi. Dalle scarse notizie che abbiamo quella casa dei frati (con un bel vigneto attorno) fu sequestrata dal Governo Turco durante l’ultima guerra mondiale “con la scusa di non meglio specificate ragioni di sicurezza. Dopo la fine della guerra fu poi trasformata in stazione per i pompieri del quartiere” (Vincenzo Succi, pp. 44).
Tutto il resto del terreno con lo Stadio romano, ancora riconoscibile alla fine degli anni ‘50, fu poi invaso da case e casupole negli anni a seguire.
Oggi non solo non c’è più nulla di quelle rovine della chiesa di S. Policarpo (e della sua tomba), ma anche dello Stadio, che pure conservava ancora qualche gradinata, si è persa ogni traccia

Passeranno quasi ottant’anni, prima che i pp. Cappuccini, e siamo nel 1985, con l’Associazione Eteria e un apposito ufficio pellegrinaggi riprenderanno quell’antica iniziativa per promuovere la conoscenza del valore biblico della Turchia.
Fondata nel 1985 dalla Provincia di Parma dall’allora Ministro Provinciale p. Oriano Granella, proprio per promuovere il turismo religioso in Turchia.

 

“Se i cristiani residenziali in quella terra stanno scomparendo -egli disse ai frati di Turchia prima di avviare tutta quella iniziativa – noi dobbiamo sostituirli coi cristiani itineranti, cioè i pellegrini. Perchè non possiamo perdere la conservazione di Santi luoghi su cui si radica la nostra fede. Dobbiamo fare in Turchia quanto i Frati Minori hanno fatto e stanno facendo in Terra Santa. Cosa sarebbe di quei luoghi biblici, così importanti per la nostra fede, se non ci fossero stati i pellegrini?”
Quella prima intuizione che partì dal 1905, e che purtroppo allora non ebbe seguito, ripartì nel 1985 e continua ancor oggi…
La storia futura dirà il resto.