A 27 km a sud di Silifke, sulla costa, ci si imbatte nelle rovine della città marittima di Corico che, secondo Strabone, ebbe questo nome dalle piantagioni di croco (zafferano) che vi crescevano tutt’intorno.
Tra le rovine dell’antica Corico richiama l’attenzione la necropoli posta lungo la strada costiera ricca di tombe e di piccole chiese.
Dinanzi alla città, su una piccola isola collegata alla terraferma mediante un molo, si erge una fortezza risalente – almeno nello stato attuale – al regno armeno (inizio secolo XII). Forse si tratta dell’antica Cambusa conosciuta già da Strabone come luogo fortificato. Tra le rovine dell’antica Corico richiama l’attenzione la necropoli posta lungo la strada costiera e ricca di tombe. In questa zona funeraria si incontrano qua e là delle piccole chiese, presumibilmente dei martyria. Purtroppo mancano fonti scritte che confermino questa induzione. Nell’antichità Corico fu il porto della non lontana Seleucia. Qui la flotta romana distrusse quella di Antioco il Grande (191 a.C.). In epoca romana la città mantenne le proprie leggi e godette di una prosperità che l’attività del commercio marittimo seppe assicurarle.
Per l’importanza del suo porto, in età imperiale fu sede d’un distaccamento della flotta siriaca. Per l’importanza del suo porto, in età imperiale fu sede d’un distaccamento della Classis (flotta) syriaca. Culto principale era quello di Ermes. Originario di Corico fu Procopio, parente e amico di Giuliano l’Apostata. Ribellatosi all’imperatore Valente, Procopio poté contare per la sua causa sull’appoggio degli intellettuali pagani, dei ricchi e – militarmente – dei Goti (365). L’imperatrice Faustina, seconda moglie dell’ormai defunto Costanzo e favorevole a Procopio, lo rivestì della porpora imperiale, eppure il sogno di conquistare il potere crollò un anno più tardi (366) a seguito d’uno scontro armato contro Valente e per la defezione di alcuni suoi soldati. Procopio fu ucciso (27 maggio 366). Nella ricostruzione della storia del cristianesimo a Corico riescono assai utili le iscrizioni funerarie apposte sulle diverse tombe.
All’interno di Corico sono visibili resti di altre chiese paleocristiane. Nell’abside della cattedrale v’era la seguente iscrizione: « Colui il cui nome Dio conosce ha fatto questo mosaico per la salvezza sua e della sua anima » Una necropoli tardoromana si estende lungo la strada antica, detta via sacra che portava ad Elaeiussa. Lungo questo percorso sorgono almeno tre chiese paleocristiane, databili tra il sec. V e VI.
Accanto alle testimonianze archeologiche, le fonti scritte e, propriamente, le sottoscrizioni di vescovi agli atti dei diversi concili, confermano l’esistenza d’una comunità costituita a Corico nel IV secolo. Il suo vescovo Germano fu tra i sottoscrittori del sinodo costantinopolitano del 381. Il nome di questa città compare nel Diario di viaggio della pellegrina Eteria che intorno a quegli anni ricorda d’avervi soggiornato mentre era diretta al santuario di Santa Tecla a Seleucia. Nelle vicinanze di Corico richiamano l’attenzione alcune grotte chiamate in turco Cennet-Cennem (Paradiso e Inferno). Al loro ingresso è situata una chiesa paleocristiana dedicata alla Vergine da un certo Paolo il quale, sul portale della costruzione risalente al IV/V secolo, fece affiggere la seguente dedica: « Come tu (Maria) lietamente hai assunto il Dio Logos non limitato dallo spazio, così abita nella piccola casa che il tuo fedele servitore Paolo ha edificato imitando Cristo, tuo Figlio ».