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HIERAPOLIS oggi PAMUKKALEPamukkale Gerapoli(parola turca che significa Castello di cotone) è un luogo che merita sicuramente una visita, non solo per i reperti archeologici che sono sicuramente meritevoli di interesse, ma anche per l’insieme del paesaggio unico al mondo. Da una parte una necropoli sconvolta dai vari terremoti e che richiama alla mente una scena da giudizio universale. Dall’altra un paesaggio fatato di vasche calcaree bianche, ripiene di una tiepida acqua termale, e che in piani sovrapposti creano una visione indimenticabile. Viste poi al tramonto vi affascineranno ancor di più per i colori riverberati dal calcare e dall’acqua. Se poi vorrete provare un’emozione unica, potrete tuffarvi nella vasca originaria di queste acque, dove si possono ammirare alcuni resti dell’antica Gerapoli: colonne, capitelli e altri reperti. Tutti gli alberghi hanno piscine alimentate da queste acque termali.

Il suo nome (città santa) pare che in origine significasse la città del santuario (hieron), a motivo del luogo di culto dedicato alla Grande Madre e annesso ad una caverna, piena di vapori letali sprigionati dalle calde acque termali, che era considerata come l’ingresso al mondo sotterraneo [1].
thumbs_eteria_pagina_46_immagine_0001 II suo nome pare che in origine significasse la città del santuario, a motivo del luogo di culto dedicato alla Grande Madre e annesso a una caverna, che era considerata come l’ingresso al mondo sotterraneo  Sembra che il primitivo insediamento, sviluppatosi attorno al suddetto santuario, abbia poi ricevuto lo stato giuridico di città da Antioco I, re di Siria (281-261a.C.). L’importanza di Gerapoli nell’antichità è da connettere tanto al suo notevole sviluppo industriale (lavorazione della porpora, tessiture…) che alle sue fonti termali. Non va inoltre dimenticato che la fortuna della città va ascritta anche alla sua vicinanza geografica a un centro di primaria importanza quale Efeso. Eppure questa prosperità fu più volte minata da terribili terremoti che la devastarono rispettivamente sotto gli imperi di Claudio, di Nerone, di Antonino Pio e di Alessandro Severo. Sulla vita intellettuale della città nulla ci è stato tramandato. Eppure Gerapoli poté contare tra i suoi figli il filosofo stoico Epitteto che qui nacque fra il 50 e il 60 d.C. Portato a Roma ancor giovane, fu schiavo di un liberto di Nerone che in seguito lo affrancò. Secondo il modello socratico, Epitteto non scrisse nulla, ma alcuni suoi detti vennero raccolti. L’esclusivo interesse per l’etica, un forte sentimento del legame tra Dio e l’uomo e un notevole afflato religioso caratterizzarono il suo pensiero [2]. In una città così industriosa non poteva mancare una nutrita presenza giudaica il cui ricordo ci è tramandato in alcune iscrizioni della necropoli.
 La nascita della locale comunità cristiana sorse grazie allo zelo missionario del colossese Epafra, discepolo devoto e generoso di Paolo.  La nascita della locale comunità cristiana sorse grazie allo zelo missionario del colossese Epafra, discepolo devoto e generoso di Paolo, che dovette essere il principale evangelizzatore della valle del Lico durante il soggiorno efesino dell’Apostolo (54-57 d.C.). Di lui Paolo scrive ai Colossesi: « Gli rendo testimonianza che si impegna a fondo per voi, come per quelli di Laodicea e di Gerapoli » (Col 4,13). Da Eusebio apprendiamo che qualche anno più tardi Gerapoli ospitò anche l’evangelista Filippo (forse l’apostolo?) e le sue quattro figlie dotate di carisma profetico e per questo grandemente onorate nella cerchia dei montanisti (Eusebio, H.E., III, 31; V, 24,2).
thumbs_eteria_pagina_03_immagine_0001-3Se questo Filippo sia da identificare con l’apostolo o con uno dei sette diaconi (cfr. At 6,5) rimane ancora in discussione.Intorno al 130 emerge a Gerapoli la figura del vescovo Papia che scrisse una Esposizione dei detti del Signore, in cinque libri.  Qualche anno più tardi Gerapoli ospitò anche l’evangelista Filippo (forse l’apostolo?) e le sue quattro figlie dotate di carisma profetico.  Tale opera, della quale non possediamo che scarni frammenti, appare di grande importanza in quanto raccoglieva la tradizione orale dei discepoli degli apostoli. Come Papia scrive: « Se per caso veniva qualcuno che avesse seguito i presbiteri, volevo riconoscere le parole di essi. Che cosa disse Andrea o Pietro o Filippo o Tommaso o Giacomo o Giovanni o Matteo o qualsiasi altro dei discepoli del Signore »(Eusebio, H.E., III,39,4). La concezione di un regno millenario di Cristo dai tratti materializzati quale Papia presenta, indusse Eusebio a presentarlo come un uomo di intelligenza limitata (Eusebio, H.E., III, 39,13). Eppure l’amicizia di Papia con Policarpo di Smirne, il suo contatto con Giovanni e la stima che Ireneo, Origene, Vittorino di Pettau e Girolamo gli tributano, paiono esprimere il contrario. Primo o secondo successore di Papia nell’episcopato fu Claudio Apollinare vissuto al tempo dell’imperatore Marco Aurelio (161-180).
 thumbs_eteria_pagina_05_immagine_0001-1Intorno al 130 emerge a Gerapoli la figura del vescovo Papia che scrisse una Esposizione dei detti del Signore.  Di lui non rimangono che alcuni titoli di opere che scrisse in relazione a problemi vitali per la Chiesa del suo tempo: un’opera sulla Pasqua [3], un’apologia all’imperatore, cinque libri contro i Greci, due libri intorno alla verità e due rivolti ai Giudei Scrisse inoltre sulla nuova profezia (montanismo) che proprio allora andava diffondendosi. Sotto la sua presidenza a Gerapoli si raccolse un sinodo di 26 vescovi per trattare il problema montanista e il cui risultato fu la condanna e l’espulsione dalla Chiesa di Montano, Massimilla e Teodoto. Dopo Apollinare, le notizie sulla comunità cristiana di Gerapoli si diradano. Ci viene però in aiuto l’archeologia. Nel 1883 venne scoperta un’importante epigrafe, il cui autore, di nome Abercio, fu presumibilmente vescovo di questa città e compose il testo dell’epigrafe all’età di 72 anni, verso la fine del II secolo. L’interesse per questa iscrizione è grande, trattandosi del più antico monumento lapidario che faccia menzione dell’Eucaristia [4].
 Nel 1883 venne scoperta una importante epigrafe, il cui autore, di nome Abercio, fu presumibilmente vescovo di questa città: è il più antico monumento lapidario che faccia menzione dell’Eucaristia

 

 

 

thumbs_eteria_pagina_08_immagine_0001-3Ci vengono ricordati i nomi di Ciriaco e Claudiano che vennero martirizzati in una delle persecuzioni anteriori a quella di Diocleziano.
È noto il nome di Flacco di Gerapoli presente tra i padri del concilio di Nicea (325). Siamo altresì informati che dal 553 al 680 Gerapoli ottenne il titolo di Chiesa metropolitana. A parte queste informazioni le tracce della comunità cristiana di Gerapoli, come di molte altre comunità dell’Asia Minore, si riducono sempre più sino a scomparire.

 

 

NOTE DI VIAGGIO

COME CI SI ARRIVA
Da Denizli, una città di provincia ben fornita di alberghi, in pochi minuti si può salire a Gerapoli.

Distanze:

da Denizli km 20
da İzmir km 271
da Efeso km 197

Provincia: Denizli
Aeroporto: Denizli

LUOGHI E MONUMENTI INTERESSANTI
* La Necropoli, una delle più estese e meglio conservate, si sviluppa su una superficie di 2 km. Presenta una grande varietà di tombe e monumenti funerari.
** Il Teatro, costruito al tempo di Settimio Severo (193-211 d.C.), recentemente restaurato dagli italiani, presenta stupende decorazioni della scena.
*Il Martirion di San Filippo, basilica ottagonale costruita nel V secolo d.C. sul luogo in cui molto probabilmente venne martirizzato san Filippo (87 d.C.).è preceduto da una scala professionale conservata a tratti.
Le Terme, del II secolo d.C., all’interno delle quali è situato un museo.
Rovine di chiese bizantine.
La strada colonnata, recentemente restaurata.
* * * Le Cascate pietrificate. Immerso nel paesaggio dell’antica Gerapoli vi apparirà questo spettacolo del castello di cotone.

FONTI STORICHE

PIETRIFICAZIONE DELLE ACQUE
Verso le parti mediterranee, e dirimpetto a Laodicea, sta Gerapoli, dove sono sorgenti di acque calde; e poi il Plutonio, due cose straordinarie. Perocché quelle acque hanno tanta facilità a pietrificarsi, che facendole correre per certi canaletti che si fanno a tal uopo, si convertono tosto in una pietra che a guisa di siepe determina le divisioni dei campi: e il Plutonio situato sopra una piccola collina della soprastante montagna è un’apertura larga abbastanza per dare adito a un uomo, ma profondissima e chiusa all’intorno da una specie di balaustrata di forma quadra, la cui periferia è di circa un mezzo pletro. Tutto quello spazio è pieno di una caligine densa e nebbiosa in modo che a stento vi si può vedere il terreno. Coloro pertanto che vi si accostano quando, per essere il tempo tranquillo, quella caligine se ne sta dentro il cerchio della balaustrata, non ne ricevono incomodo alcuno, ma se un essere vivente vi s’inoltra, cade morto in un subito: tanto che se vi si mette un toro, cade anch’esso, né si trae fuori se non morto: io vi gettai alcuni passeri i quali immantinente spirarono. Soltanto i Galli eunuchi vi si accostano senza patirne alcun danno. Costoro si fannoall’apertura, e v’intromettono anche alcun poco la testa trattenendosi intanto dal respirare, ciò che si conosce dal loro aspetto; sia che questo avvenga a tutti gli eunuchi, o soltanto a quelli che servon nel tempio; sia per provvidenza divina, come è naturale trattandosi di uno stato d’inspirazione, o pel soccorso di certi antidoti capaci di produrre quell’effetto, è difficile dirlo. La pietrificazione delle acque dicono che succede anche nei fiumi di Laodicea, sebbene le loro acque siano buone da bere. E inoltre mirabilmente efficace per tingere lana l’acqua di Gerapoli, sicché quelle che tingonsi colle radici contendono il primo grado a quelle tinte col cocco o colla porpora. Tanto poi l’acqua è colà abbondante, che la città è piena naturalmente di bagni […].
(Strabone di Amasea, Geografia, XII, trad. di F. Ambrosoli, Milano 1834, 133)LO STOICISMO DI EPITTETO DI GERAPOLI
Tu sei un fine, sei un frammento di Dio. Hai in te stesso una parte di lui. E perché allora ignori la tua parentela? Perché non sai donde sei venuto? Non vuoi ricordare, quando mangi, chi sei tu che mangi, a chi dai da mangiare? Quando soddisfi i tuoi bisogni sessuali chi sei a far ciò? Quando ti dai alla vita sociale, quando eserciti il corpo, quando discuti, non sai che un dio nutri, che un dio eserciti? Un dio porti intorno, disgraziato, e l’ignori. Pensi ch’io alluda a un dio d’argento, al di fuori, o d’oro? In te stesso lo porti e senza accorgertene, lo deturpi con pensieri impuri, con atti sconci. Davanti alla statua di un dio, non oseresti fare neppure una delle azioni che fai. E davanti a Dio stesso che nel tuo intimo tutto osserva e tutto ascolta, non ti vergogni né di pensarle né di farle, o uomo incosciente della tua stessa natura, oggetto della collera divina? Se uno riuscisse a compenetrarsi in modo conveniente di questo pensiero, che veniamo da Dio tutti, essenzialmente, e che Dio è padre degli uomini e degli dèi, io credo che non nutrirebbe di se stesso pensieri ignobili o bassi.Ma come! Se Cesare ti adotta, nessuno sosterrà il tuo sguardo: e se sai di essere figlio di Dio, non ti esalterai? Adesso, invece, non ci comportiamo così: ma poiché al momento della generazione sono mescolati insieme questi due elementi – il corpo, comune con le bestie, la ragione e il pensiero, comuni con gli dei –, altri inclinano verso quella parentela sfortunata e mortale, pochi soltanto verso quella divina e felice. E poiché ognuno necessariamente usa ciascuna cosa secondo l’opinione che ne ha, quei pochi, i quali si credono nati per la lealtà, per il rispetto di sé, per usare con sicurezza le rappresentazioni, non nutrono di sé alcun pensiero basso o ignobile, i molti, invece, il contrario. « Che cosa sono, infine? Un misero omiciattolo », oppure: « la mia carne disgraziata ». Sì, disgraziata, e tuttavia hai ben un elemento superiore alla miserabile carne. Perché lo trascuri e ti attacchi a essa? Proprio per tale parentela, alcuni di noi, inclinando verso di lei, diventano simili a lupi, sleali, perfidi, dannosi, altri a leoni, rozzi, brutali, selvaggi: i più di noi, poi, sono volpi e tutto ciò che c’è di mostruoso tra gli animali. Che cos’è, infatti, un uomo insolente e vizioso se non una volpe o qualche altra cosa più mostruosa o più bassa? Badate, dunque, a fare attenzione che non riusciate uno di siffatti mostri.
(Epitteto, Diatribe, in Storia della filosofia antica, di G. Reale, Milano 1978, 122)EPIGRAFE FUNERARIA DI ABERCIO, VESCOVO DI GERAPOLI: FINE DEL II SECOLO
Di eletta città cittadino questo feci da vivo, per avere qui a suo tempo (?) un luogo di riposo nel corpo. Il (mio) nome (è) Abercio, discepolo di un pastore puro, che pasce greggi di pecore su monti e pianure, che ha occhi grandi dovunque veggenti dall’alto. Egli infatti m’insegnò… scritture degne di fede e m’invitò a Roma per contemplare un regno e vedere una regina dalle auree vesti e dagli aurei calzari. E vidi là un popolo avente uno splendido sigillo. Vidi anche la pianura di Siria e tutte le città, (anche) Nisibis, passato l’Eufrate. Dovunque poi ebbi fratelli, avendo Paolo compagno di viaggio. E la Fede dovunque (mi) spingeva e mi presentò come cibo dovunque un Pesce di fonte, immenso, puro, che una vergine casta afferrò, e questo (la Fede) suo dare agli amici a mangiare per sempre, avendo vino eccellente, dandolo in mistura con pane. Queste cose presenti dettai ioAbercio, perché così si scrivessero, mentre mi trovavo veramente nel settantaduesimo anno. Queste cose chi comprende preghi per Abercio, ognuno che consente con lui. Nessuno poi nella mia tomba porrà un altro; se no, pagherà all’erario dei Romani duemila aurei e all’ottima patria Hieropolis mille aurei.
(trad. di M. Guarducci, Roma 1974-1978, 150)