13 – ANCIRA (p84)

ANCYRA oggi ANKARAProclamataAncira capitale della nuova Repubblica turca nel 1924, quella che era allora una piccola città di provincia è oggi diventata una moderna metropoli con quattro milioni d’abitanti. Situata nel cuore dell’Anatolia ha avuto una storia importante nelle varie epoche, ma lo sviluppo della moderna città ha ridotto di molto i reperti archeologici ancora visibili. Merita però una vostra visita soprattutto lo splendido museo delle civiltà anatoliche, davvero ricco di reperti (specialmente Hittiti). Può essere come un’introduzione generale alla vostra visita in Turchia.

Dopo esser stata capitale dei Tectosagi, una delle tribù galate, nel 25 a.C. Ancira entrò a far parte dell’impero romano divenendo il centro della provincia della Galazia. Nel 25 a.C. Ancira entrò a far parte dell’impero romano divenendo il centro della provincia della Galazia. 
Un sistema viario la collegava a Dorileo, Pessinunte, Calcedonia, Cesarea e Gangra. Costituiva dunque un nodo stradale importante.
Il nome Galazia rievoca una ricca e lunga storia di buona parte dell’Asia Minore. Il termine deriva dall’appellativo delle tribù celtiche della Gallia, dette Galati, che immigrarono nell’attuale Turchia nel III sec. a.C., invitati da Nicomede I, re di Bitinia, come aiuto nella guerra contro suo fratello (278 a.C.).

thumbs_prova_pagina_33_immagine_0001Galazia indicò appunto il territorio occupato dai nuovi venuti, ai quali fu assegnata la regione centrale dell’altopiano anatolico, posta a Sud dei regni di Bitinia e del Ponto e compresa fra i fiumi Sangrius e Halys. Il termine Galazia deriva dall’appellativo delle tribù celtiche della Gallia, dette Galati, che immigrarono nell’attuale Turchia nel III sec. a.C. 
I Galati, popolo guerriero mai totalmente sedentarizzato, ebbero la tendenza a espandersi un po’ dappertutto, per cui con il tempo s’impossessarono delle regioni confinanti, cioè della parte occidentale della Frigia, della Cappadocia, del Ponto, di alcune parti della Panfilia, della Licaonia, della Pisidia, nonché di parte della Cilicia.
Per l’aiuto prestato ai Romani nella guerra contro Mitridate (74-64 a.C.) ottennero da Roma il titolo di regno. Ma dopo la morte di Aminta, ultimo loro re (25 a.C.), tutto il territorio del regno dei Galati divenne la provincia romana di Galazia con capitale Ancira, governata da un propretore.
Ma prima dell’avvento dei Galati questa terra aveva avuto un ricco passato storico e culturale. I suoi primi abitanti erano state popolazioni microasiatiche di lingua e civiltà non indoeuropee, la cui città principale era Hattu. Essi all’inizio del II millennio a.C. subirono l’invasione di un popolo di lingua indoeuropea e di razza mista, che si autodenominò Hatti ossia uomini del paese della città di Hatti o Hattusa, assumendo come nome nazionale quello del popolo conquistato.Ma prima dell’avvento dei Galati questa terra aveva avuto un ricco passato storico e culturale. Infatti i suoi primi abitanti erano stati gli Hittiti.  Sono quelli che oggi conosciamo come gli Hittiti e che crearono un vasto impero comprendente vari territori in Anatolia e in Siria, conservando sempre come capitale l’antica Hattusa (l’attuale Boğazköy). L’apogeo del dominio Hittita iniziò verso il 1600 a.C., quando il re Mursilis giunse a conquistare Babilonia, e si protrasse fino al 1200 a.C.
Degli Hittiti, sebbene sporadicamente, si parla anche nell’Antico Testamento. Secondo alcuni testi essi sarebbero stati presenti con insediamenti in Canaan all’epoca dei patriarchi (Gn 23,3-4.7; 25,9…). Esaù ebbe mogli hittite (Gn 26,34), prassi che Isacco e Rebecca cercarono di scoraggiare (Gn 27,46; 28,1). Si accenna ancora agli Hittiti al tempo di Davide (1Sam 26,6) e di Salomone (1Re 10,29 ; 2Re 7,6 ; 2Cr 1,17).

thumbs_prova_pagina_33_immagine_0002Verso il 1200 a.C. il loro impero crollò sotto i colpi delle invasioni di vari popoli provenienti dall’Egeo, soprattutto dei Frigi, e al suo posto sorsero dei piccoli regni e principati. Questi vennero presto a contatto con gli Assiri, che, gradatamente, approfittando della frammentaria situazione politica, li conquistarono uno a uno fino alla grande battaglia finale di Carchemish (717 a.C.).Con il crollo dell’impero hittita tramontò anche la sua civiltà, che fu soppiantata da quella frigia. Con il crollo dell’impero hittita tramontò anche la sua civiltà, che fu soppiantata da quella frigia. Questa in effetti resistette più a lungo della precedente e permase sia sotto il dominio assiro che sotto quello persiano e greco. Di fatto la colonizzazione greca non riuscì a penetrare oltre le regioni costiere dell’attuale Turchia e l’influsso della sua cultura fu debole. Neppure i Galati realizzarono una loro efficace presenza culturale, per cui al tempo del Nuovo Testamento la regione galatica era ancora intensamente impregnata di cultura frigia con i suoi culti vitalistici impastati di forme emozionali e orgiastiche e aperti al più ampio sincretismo.
Anticamente il termine Galazia ebbe duplice accezione (regione galatica – provincia romana di Galazia). Paolo si rivolge ai cristiani della provincia romana di Galazia, comprendente varie popolazioni al Sud della Galazia propriamente detta. Le precisazioni sull’uso etnografico e quello amministrativo del termine sono importanti per l’identificazione dei destinatari della Lettera ai Galati: Paolo si rivolge ai cristiani della provincia romana di Galazia, comprendente varie popolazioni al Sud della Galazia propriamente detta, che l’Apostolo evangelizzò nel suo primo viaggio missionario (Antiochia di Pisidia, Iconio, Derbe, Listra) oppure si indirizza soltanto ai Galati in senso stretto e quindi agli abitanti dellaregione della Galazia, posta a Nord delle zone suddette?Vari elementi, sia degliAtti, che di Paolo, fanno pensare che egli si rivolga ai Galati della regione galatica. Secondo Atti 16,6 Paolo visitò nel suo secondo viaggio missionario la regione di Galazia e secondo Atti 18,23 vi ritornò nel viaggio successivo « confermando nella fede tutti i discepoli ».

thumbs_prova_pagina_34_immagine_0001Quanto ai dati della Lettera ai Galati, se l’indirizzo alle Chiese della Galazia (1,2) è in sé generico, perché può indicare tanto la provincia romana di Galazia che la regione propria dei Galati, l’apostrofe di 3,1: stolti Galati! può essere intesa solo in senso etnografico. Infatti non è pensabile che Paolo abbia usato questo appellativo per indirizzarsi agli abitanti della Licaonia, della Pisidia oppure della Frigia. Secondo Atti 16,6 Paolo visitò nel suo secondo viaggio missionario la regione di Galazia e secondo Atti 18,23 vi ritornò nel viaggio successivo. Da Galati 4,13-15 sappiamo poi che l’Apostolo si fermò in Galazia a causa di una malattia e sfruttò questo soggiorno forzato per predicarvi il Vangelo. Qui ebbe un’ottima accoglienza: « mi avete accolto come un angelo di Dio, come Gesù Cristo … Vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati anche gli occhi per darmeli » (vv. 14-15). Questa non fu certo la situazione che incontrò nel suo primo viaggio missionario, quando evangelizzò le zone del Sud della provincia romana di Galazia. Paolo deve quindi riferirsi a un soggiorno effettuato nella Galazia propriamente detta durante il suo secondo viaggio missionario e menzionato in Atti 16,6. Del resto, come abbiamo già ricordato, egli vi ritornò poi nel viaggio successivo per confermare nella fede i neoconvertiti (At 18,23). Per questi e altri motivi, che tralasciamo, l’esegesi odierna si orienta sempre di più verso la così detta ipotesi della Galazia del Nord, in base alla quale la Lettera ai Galati è indirizzata ai fedeli della Galazia propriamente detta.  Da Galati 4,13-15 sappiamo poi che l’Apostolo si fermò in Galazia a causa di una malattia. Essa fu composta probabilmente nel terzo viaggio missionario, forse durante il soggiorno efesino nel 55 o 56 d.C., e fu originata dalla problematica circa il rapporto Giudaismo-Cristianesimo, già sorta ad Antiochia sull’Oronte e risolta in modo perentorio e definitivo nel concilio apostolico di Gerusalemme (circa il 49 d.C.). Essa era stata risollevata in modo acuto nelle Chiese della Galazia da alcuni non meglio identificati predicatori giudeo-cristiani venuti dopo la partenza di Paolo. Il pericolo era quanto mai serio, perché i fedeli erano sul punto di cedere alle pressioni di questi giudaizzanti e sottoporsi alla circoncisione e alle altre osservanze legali del Giudaismo, confessando così l’insufficienza dell’opera salvifica di Cristo. La lettera con cui Paolo intende correre ai ripari per conservare nella genuina fede i Galati, è la più polemica e rovente del suo epistolario. La lettera, con cui Paolo intende correre ai ripari per conservare nella genuina fede i Galati, è la più polemica e rovente del suo epistolario e costituisce il commento teologico più ampio e motivato della posizione assunta nel precedente concilio apostolico. In un dettato concitato e tagliente l’Apostolo si appella di volta in volta agli argomenti tratti dalla propria attività apostolica in sintonia con la predicazione ecclesiale (1,11 – 2,21), dall’esperienza cristiana degli stessi Galati, che sperimentarono fortemente l’azione dello Spirito (3,1-5), e dalla Scrittura (3,6 -4,31). Nella parte parenetica conclude poi con una stupenda presentazione del vero senso della libertà cristiana (5,1 – 6,10): « questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri » (5,13). Essa deve aiutare a camminare secondo lo Spirito (5,16), a lasciarsi guidare dallo Spirito (5,18), a crocifiggere la carne con le sue passioni e i suoi desideri (5,24) per essere nuova creatura (6,15) e costituire così il vero Israele di Dio (6,16). L’importanza di Ancira e il suo carattere di nodo stradale, lascia ben supporre una presenza cristiana già in età apostolica. Circa la diffusione del cristianesimo adAncira—a parte le indicazioni generiche fornite dalla Lettera ai Galati e la menzione fatta nella 1ª Lettera di Pietro, ai cristiani dispersi nella regione della Galazia (cfr. 1 Pt 1,1)—, non si posseggono attestazioni dirette. Eppure l’importanza di Ancira e il suo carattere di nodo stradale, lascia ben supporre una presenza cristiana già in età apostolica.

thumbs_ankaraCerto la Chiesa ivi residente già nel II secolo è pienamente coinvolta nelle tensioni prodotte dal montanismo.Al proposito Eusebio fa menzione di un anonimo autore d’un libro Contro i Catafrigi il quale pare essere stato contemporaneo di Apollinare, vescovo di Gerapoli sotto Marco Aurelio (161-180). Nel libro citato, l’anonimo scrittore e vescovo ricorda come « poco tempo fa mi recai ad Ancira di Galazia dove trovai la Chiesa locale turbata a motivo di codesta nuova profezia come là si diceva, o meglio pseudo-profezia, come si dimostrerà » (Eusebio, H.E.,V,16,4). Stando alla notizia di Eusebio questo vescovo innominato riuscì a confutare i montanisti presenti adAncira restituendo una chiarezza e una pace che prima mancava (Ivi 4-5). Sembra che in epoca successiva ad Ancira siano stati presenti anche dei
novaziani, tendenzialmente sulla stessa linea dei montanisti. Ancora nel IV secolo sotto l’imperatore Giuliano l’Apostata (361-363), si fa menzione di un certo Busiris, « appartenente alla setta che dicono degli encratiti » (Sozomeno, H.E., V,11), arrestato ad Ancira per aver insultato dei pagani. Sembra che ad Ancira siano stati presenti anche dei novaziani, tendenzialmente sulla stessa linea dei montanisti.Da questi scarni ma non unici dettagli è possibile delineare il volto della comunità cristiana d’Ancira dai tratti assai vivaci e variegati. La conferma di questa vivacità ci è data dal nutrito martirologio della città che comprende circa una trentina di nomi a noi noti. Dalla tradizione ci sono trasmessi quello di Proco e di Crescenzio martirizzati sotto Traiano (98-117). Il nome del martire Filumeno compare sottoAureliano (270-275). Pare comunque che la comunità diAncira abbia ingrandito il suo martirologio soprattutto a partire dal 303, con la persecuzione iniziata da Diocleziano. Al cristiano Platone, martirizzato assieme al fratello Antioco, i cristiani avevano eretto un santuario divenuto famoso.
Sulla base degli Atti del martire Teodoto riconosciuti in larga parte autentici e redatti poco dopo la sua morte (303), apprendiamo che ad Ancira in quel tempo, accanto alla chiesa o alle chiese, esistevano due oratori: un martyrion dei patriarchi e un martyrion dei padri. Dagli stessi Atti conosciamo che l’oste Teodoto venne torturato e decapitato per la fede cristiana ma anche per aver dato protezione ad altri cristiani perseguitati, per averne curato la sepoltura e per aver recuperato i cadaveri di sette vergini cristiane affogate nel lago in prossimità di Ancira. Dagli Atti conosciamo che l’oste Teodoto venne torturato e decapitato per la fede cristiana ma anche per aver dato protezione ad altri cristiani perseguitati. L’imperversare della persecuzione aveva posto alla Chiesa diverse questioni intorno alle quali i vescovi dovevano assumere una posizione concordata.Al termine della persecuzione, nel 314, si radunò quindi ad Ancira un sinodo di vescovi delle zone circonvicine per fissare la prassi da seguire nei confronti dei lapsi, ovvero dei cristiani che in modi diversi avevano abiurato la loro fede. In questo sinodo si trattò anche dei chierici che avendo professato continenza al momento dell’ordinazione, in un secondo tempo avevano poi attentato al matrimonio. Nel canone 10 i vescovi stabilirono che costoro dovessero essere allontanati dall’esercizio del ministero. Il sinodo prese posizione anche contro il matrimonio spirituale, consistente nella coabitazione di vergini con uomini, monaci o chierici che fossero (can. 19). Presidente di questo sinodo fu Marcello, vescovo della città e uno dei personaggi chiave al concilio di Nicea (325).Agli antipodi rispetto ad Ario, Marcello rappresenta l’ultimo notevole rappresentante della tradizione teologica e culturale asiatica.  Nel 314 si fissò la prassi da seguire nei confronti dei lapsi, ovvero dei cristiani che in modi diversi avevano abiurato la loro fede. Assertore d’un monarchianesimo economico (= Dio monade indivisibile il cui Logos, privo di sussistenza personale, costituiva soltanto una facoltà operativa di Dio), Marcello riteneva che al momento dell’incarnazione la monade divina s’era dilatata – ma senza distinzione di persone – in una diade e successivamente in una triade con l’effusione dello Spirito Santo. Terminata la sua missione la triade sarebbe stata riassorbita nella monade originaria. Coerente con questa linea di pensiero, Marcello a Nicea prese netta posizione contro la dottrina ariana delle tre ipostasi.
thumbs_prova_pagina_42_immagine_0001 Anche dopo il concilio si mantenne su una linea nettamente antiariana assieme ad Atanasio del quale divenne amico. Deposto per ordine di Costantino nel 336 sotto l’accusa di sabellianismo, Marcello tentò in seguito (338) di recuperare la sede di Ancira ma senza successo Nel 339 si rifugiò a Roma dove — congiuntamente ad Atanasio pure presente—fu dichiarato ortodosso dal sinodo romano (341). . Presidente di questo sinodo fu Marcello, vescovo della città e uno dei personaggi chiave al concilio di Nicea.
Nel sinodo di Serdica (l’odierna Sofia) nel 343, convocato per appianare i contrasti emersi tra i vescovi orientali e quelli occidentali a proposito della disputa ariana, la ricusazione di Marcello fatta dai primi e l’accettazione dei secondi mandò parzialmente a monte questo incontro: il sinodo continuò con la sola presenza degli occidentali. Dal canto loro i vescovi orientali non desistettero dal condannare Marcello, associandolo nella condanna a Fotino diAncira, suo diacono divenuto nel frattempo vescovo di Sirmio in Pannonia (345). Anche in seguito i vescovi dell’Occidente non assentirono a questa condanna di Marcello mentre non ebbero difficoltà a condannare Fotino (concilio di Milano del 345-347), che in fondo, non aveva che spinto la dottrina modalista del suo vescovo, ritenendo che il Logos non era che una potenza impersonale del Padre.Asostituire sulla cattedra episcopale di Ancira Marcello, che morì in esilio, presumibilmente verso il 375, fu eletto il medico ancirano Basilio. Presente tanto al sinodo di Serica (343) che a quello di Sirmio (351) egli si schierò contro il monarchianesimo di Fotino e di Marcello ma anche contro gli Ariani. In questa posizione intermedia divenne uno dei protagonisti della reazione omeusiana espressa in un concilio che ebbe luogo ad Ancira nel 358. A sostituire sulla cattedra episcopale di Ancira Marcello, che morì in esilio, verso il 375, fu eletto il medico Basilio. Deposto nel sinodo filoariano di Costantinopoli del 360, alla morte dell’imperatore Costanzo II (361) Basilio poté ritornare in sede. Non visse a lungo e a succedergli fu eletto Atanasio (361-369 ca.) che assieme a Basilio di Cesarea e Gregorio di Nissa, figura tra i capi del gruppo omeusiano. È nel tempo del suo episcopato che Giuliano l’Apostata salì alla guida dell’impero. In questo tempo ebbe luogo il martirio di Basilio, un presbitero di Ancira che prese a predicare nella regione invitando i cristiani a non recedere dalla loro religione e a non contaminarsi con il culto pagano (cfr. Sozomeno, H.E., V,11). Ancora in questo tempo si colloca l’episodio dell’encratita Busiris, sopra richiamato. La reazione di Basilio e di Busiris ben si comprende rilevando come l’imperatore Giuliano, nell’intento di risollevare le sorti del paganesimo in Galazia, vi elesse come sommo sacerdote e plenipotenziario l’amico Arsacio.  L’imperatore Giuliano, nell’intento di risollevare le sorti del paganesimo in Galazia, vi elesse come sommo sacerdote e plenipotenziario l’amico Arsacio. A costui Giuliano impartì norme chiare e tassative e mezzi consistenti per rivitalizzare la religione pagana, evidenziandone il carattere filantropico, per nulla inferiore al cristianesimo (cfr. Sozomeno, H.E., V,16) [1].
La morte impedì a Giuliano di procedere in questo programma restaurativo, eppure una traccia della sua influenza ad Ancira si può ancora ammirare nella colonna che il prefetto del pretorio Saturnino gli eresse in occasione d’una visita in città nel 362.
Nel 375 Ancira ospitò un sinodo ariano. Se ne deduce che l’ignoto vescovo di questo tempo parteggiasse per questo gruppo. Basilio di Cesarea in una sua lettera ci dà la conferma d’una presenza dell’arianesimo assai vivace in Galazia (Epistola 265).
Al vescovo ariano che ci è sconosciuto, fece seguito il niceno Arabiano. È in questo tempo, tra il 385 e il 395, che la Galazia fu ecclesiasticamente divisa in due eparchie: la Galazia Prima che ebbe come metropoli Ancira, la Galazia Seconda Pessinunte. Basilio di Cesarea in una sua lettera ci dà la conferma d’una presenza dell’arianesimo assai vivace in Galazia 
Verso il 400 al vescovo Arabiano successe come metropolita il monaco Leonzio, prima a capo di un gruppo di asceti. In un primo tempo lo troviamo schierato dalla parte di Giovanni Crisostomo. Successivamente però ne divenne acerrimo nemico, come attesta il Crisostomo stesso (Lettera 14). Fu ancora Leonzio a requisire adAncira la Chiesa dei Novaziani che quindi vi avevano una comunità (cfr. Socrate, H.E., VI,22)
Presumibilmente è da situare in questo tempo la figura di un monaco e scrittore ascetico assai noto, Nilo di Ancira († 430 ca.?). A lui sono attribuiti una serie di lettere e il Logos askètikos, un invito ai monaci perché ritornassero alla povertà, fondamento della loro filosofia. È da situare in questo tempo la figura di un monaco e scrittore asceta assai noto: Nilo di Ancira. Nella serie dei vescovi di Ancira pare che a Leonzio sia succeduto Teodoto, in un primo tempo amico di Nestorio e poi suo avversario al concilio di Efeso (431). In questa circostanza egli venne scomunicato da Giovanni d’Antiochia e dagli altri orientali. Alcune sue omelie furono lette al concilio di Efeso nel quale assunse un ruolo di primo piano.
Morì prima del 446 perché il suo successore, Eusebio, fu ordinato da Proco di Costantinopoli (434-446).Anche Eusebio mostrò un atteggiamento variabile: prima si mise dalla parte di Flaviano, patriarca di Costantinopoli, nella condanna di Eutiche; nel Latrocinio efesino invece sostenne la ortodossia di quest’ultimo. Questo suo agire rende ragione del perché nel concilio di Calcedonia (451) Eusebio figurasse nell’elenco dei principali imputati. Qui ottenne però di essere perdonato. La datazione della sua morte rimonta a prima del 458 perché nel 459 come metropolita di Ancira compare Atanasio.
L’importanza della Chiesa ancirana non venne meno neppure nel VI secolo. In questo tempo essa possedeva sette vescovi suffraganei. Dal 620 al 626 la città cadde sotto dominio persiano e nel 654 sotto quello degli Arabi. Furono questi ultimi ad accellerare il processo di decadenza con i saccheggi compiuti nell’806 e nel 838.

NOTE DI VIAGGIO

COME CI SI ARRIVA
Al centro di una rete autostradale ancora in fase di completamento, l’imponente rete di strade mette in comunicazione ogni città della Turchia con la propria capitale, posta al centro dell’altipiano anatolico. È inoltre dotata di un importante aeroporto internazionale.

Distanze:
da Adana km 487
da Antalya km 506
da İstanbul km 60
da İzmir km 596
LUOGHI E MONUMENTI INTERESSANTI
*** Il Museo delle civiltà anatoliche. Vi si può ammirare una collezione unica al mondo per i reperti delle antiche civiltà anatoliche, a partire da quelle neolitiche, hittite e frige sino a quella greco-romana.
* La Cittadella , edificata nel 278 a.C. dai Galati, dove sorgeva probabilmente quella più antica ittita o frigia. Fu poi ricostruita e rinforzata in epoca bizantina utilizzando materiale di recupero.
Il Tempio di Augusto e di Roma, originariamente dedicato al dio frigio Men, ma poi ricostruito sotto Augusto tra il 25 e il 20 a.C. Inciso sulle pareti del tempio è il cosiddetto Monumentum ancyranum, ovvero un elenco delle imprese compiute da Augusto.
La Moschea di Arslanhan del 1290, è una delle più antiche di Ankara. Anche per la sua costruzione furono utilizzati frammenti architettonici antichi.
L’imponente Mausoleo di Atatürk, costruito tra il 1944 e il 1953. All’interno dell’immenso monumento vi è la tomba che raccoglie le spoglie del fondatore della Repubblica turca.
La Colonna di Giuliano (Belkiz Minaresi), che rievoca la visita alla città dell’imperatore Giuliano l’Apostata (362 d.C.).

FONTI STORICHE

IMITA LA CARITÀ DEGLI EMPI CRISTIANI
L’imperatore Giuliano l’Apostata, invita Arsacio, Gran Sacerdote di Galazia, a rendere vivo il culto pagano anche nella pratica della carità verso i poveri.
L’Ellenismo non opera nel modo che noi vorremmo, per colpa di coloro stessi che ne fanno parte. Eppure la situazione è per gli dèi splendida e grande, migliore di quanto potevasi sperare. Poiché chi mai avrebbe osato sperare in breve tempo una tanta e tale conversione? Ma noi non dobbiamo credere che ciò possa bastare, e chiudere gli occhi al fatto che al progresso dell’empietà (= cristianesimo) hanno gradatamente giovato l’amorevolezza con gli ospiti, la cura dei sepolcri e l’ostentata santità della vita.
Ebbene, è necessario, che noi pure prendiamo a cuore tutto ciò. E non basta che tu lo faccia; ma lo devono fare tutti i sacerdoti della Galazia. Tu devi o rimbrottarli o persuaderli ad essere zelanti, oppure destituiscili dal servizio divino, se mai non conducessero agli dèi le mogli, i figli, i servi, e tollerassero che servi e figli e mogli non venerassero gli dèi, e preferissero l’ateismo (= fede cristiana) alla pietà. Poi esorta il sacerdote a non frequentare il teatro, a non bere nelle taverne, a non darsi a nessun’arte od occupazione o riprovevole o turpe. Onora gli obbedienti, scaccia gl’indocili. Istituisci in ogni città numerosi ospizi, onde i viaggiatori approfittino della nostra filantropia, e non solo coloro che sono dei nostri, ma chiunque abbia bisogno di aiuto. Come tu possa provvedere a questo, sarà affare mio.
Io disposi che ogni anno siano dati alla Galazia trentamila modii di frumento e sessantamila sesti di vino. Un quinto di tutto ciò conviene sia dato ai poveri che fanno servizio nei templi, il resto agli ospiti e a coloro che chiedono di essere mantenuti da noi. Poiché è vergognoso che dagli Ebrei nessuno chieda soccorso, e che gli empi Galilei (= cristiani) alimentino, insieme ai loro poveri, anche i nostri, e che questi debbano parer privi d’ogni nostro soccorso.
Esorta, dunque, gli Ellenisti a contribuire a tale servizio…
(Giuliano l’Apostata, Lettera ad Arsacio gran Sacerdote di Galazia, trad. di G. Negri, Milano 1902, 261-263)