63 – MOPSUESTIA (p386)

MISIS oggi YAKAPINAR Città molto antica, chiaMopsuestiamata Mamistra dai crociati, e le cui origini pare risalgano agli Hittiti nel secondo millennio a.C. Conobbe una certa fama in epoca romana e nei primi secoli dell’era cristiana. Oggi attorno al colle sul quale sorgeva, si erge un piccolo e tranquillo villaggio agricolo. La campagna di scavi condotta nel 1956-58 ha riportato alla luce i resti di una basilica bizantina e altre rovine.

Il nome della città risale al veggente Mopso che dopo la guerra di Troia si trasferì qui con i Cilices, coloni greci originari della Troade meridionale. Ellenizzata dai Seleucidi, la città mutò il nome originario in Seleucia al Pyramos (l’attuale fiume Ceyhan). Integrata nell’impero romano assieme all’intera Cilicia (103 a.C.), Seleucia riprese l’antico nome, anzi, al tempo dell’imperatoreAdriano (117-138 d.C.) che la privilegiò, prese a chiamarsi Adriana Mopsuestia. Per la sua posizione lungo l’importante via di comunicazione tra l’Anatolia e la Siria, la città fu più volte oggetto di disputa: Bizantini eArmeni, crociati di Baldovino e quelli di Tancredi, Turchi ed Egiziani se la contesero.
 Il nome della città risale al veggente Mopso che dopo la guerra di Troia si trasferì qui con i Cilices, coloni greci originari della Troade meridionale. Intorno alla storia del cristianesimo a Mopsuestia, le prime fonti cristiane non ci offrono alcuna informazione. Non va però dimenticato che la città – come tutta la regione della Cilicia cui appartenne – ricadeva sotto l’influenza d’Antiochia. E, in effetti, Luca considera Siria e Cilicia come un unico campo di apostolato. Neppure va sottaciuto il fatto che le Chiese della Cilicia presero parte alla controversia etnico-cristiana (cfr. At 15,23) e, intorno al 52 vennero visitate da Paolo e da Sila (cfr. At 15,41). Nel III secolo queste comunità cristiane furono sconvolte dallo scisma del presbitero romano Novaziano, fautore della necessità di ribattesimo per gli eretici e sostenitore d’una Chiesa per soli puri, in aperto conflitto con il mondo. Esp
licitamente il nome di Mopsuestia emerge in occasione del concilio di Nicea (325) dove a rappresentarla figura il suo vescovo Macedonio confessore della fede nell’ultima persecuzione e personalità emergente.
thumbs_eteria_pagina_48_immagine_0001-1 Fu Macedonio a bruciare dei libri di magia di un vescovo della Dacia di nome Paolino, già deposto per i suoi notori rapporti con prostitute e per la pratica della magia.  Di tendenze fìloariane, dopo il concilio di Nicea egli si schierò dalla parte di Eusebio di Nicomedia, sostenitore di Ario, e fece parte d’una commissione d’inchiesta pretestuosamente incaricata di valutare il comportamento illecito di Atanasio di Alessandria (335). Fu ancora Macedonio a bruciare dei libri di magia di un vescovo della Dacia di nome Paolino, già deposto per i suoi notori rapporti con prostitute e per la pratica della magia. AMacedonio, dopo il 351 successe Aussenzio, pure di tendenze filoariane. Ciò lascia intendere come nella Chiesa di Mopsuestia di quegli anni questo indirizzo dottrinale fosse prevalente. Soldato della scorta imperiale, Aussenzio era stato rimosso dall’alto incarico per aver professato la sua fede cristiana dinanzi all’imperatore Licinio. Da vescovo di Mopsuestia egli ospitò l’ariano radicale Aezio che un concilio di Costantinopoli del 360 aveva condannato all’esilio. Nel periodo del suo episcopato,Aussenzio edificò un oratorio a un giovane cristiano di nome Niceta, martirizzato nella persecuzione diAtanarico, re dei Goti. Il culto a questo martire crebbe notevolmente a Mopsuestia a seguito dei miracoli verificatisi sul suo sepolcro.
 L’uomo che diede maggior fama a questa città della Cilicia, fu senz’altro Teodoro che vi divenne vescovo nel 392.  L’uomo che diede maggior fama a questa città della Cilicia, fu senz’altro Teodoro che vi divenne vescovo nel 392 [1]. Nato adAntiochia verso il 350, fu discepolo del celebre sofista Libanio e di Diodoro di Tarso, iniziatore della scuola esegetica antiochena. L’amicizia e la pressione del condiscepolo Giovanni Crisostomo intorno ai vent’anni lo indussero a scegliere la vita monastica. Allentato il fervore iniziale, Teodoro lasciò il monastero con il proposito di sposarsi e di esercitare l’avvocatura.Alui Giovanni Crisostomo indirizzò due lettere per farlo recedere da questo proposito. Nella seconda — tra l’altro — gli scrisse: « Convengo che il matrimonio è cosa legittima… ma a te non è più lecito contrarre un legittimo matrimonio. Quando si è scelto lo sposo celeste, il rinunciarvi per unirsi a una donna costituisce un adulterio, anche se tu lo dicessi mille volte matrimonio… Se nel matrimonio la donna non è più padrona del proprio corpo, ma lo è il marito, molto più quelli che vivono in Cristo non sono più padroni del loro corpo ».
 Egli fu senza dubbio l’esponente più in vista della scuola esegetica antiochena. Per primo applicò la critica letteraria nella soluzione dei problemi testuali. Distolto dall’idea d’abbandonare la vita monastica, Teodoro fu ordinato prete intorno al 383 e nel 392 fu eletto vescovo di Mop- suestia. Egli fu senza dubbio l’esponente più in vista della scuola esegetica antiochena. Per primo applicò la critica letteraria nella soluzione dei problemi testuali. Gli pareva necessario leggere i salmi contestualizzandoli storicamente. Per questa strada giunse a intendere che essi—comunemente attribuiti tutti a Davide—presentavano situazioni storiche posteriori. Pur commentando l’Antico Testamento, Teodoro lo considerò « come espressione d’una economia in sé conchiusa, quella del monoteismo giudaico, in contrapposizione al politeismo pagano e al trinitarismo cristiano che si esprime nel Nuovo Testamento » (M. Simonetti). In rapporto alla cristologia, Teodoro insegnò l’unità indissolubile delle due nature in una sola persona, ma rifiutò di parlare di due Signori o due figli. Al tempo stesso valorizzò al massimo l’umanità assunta del Logos e la sua capacità di operare autonomamente. Sembra che negli anni dal 381 al 431 nessuno più di lui abbia contribuito al progresso della cristologia. Verso il 420 diede ospitalità al vescovo in esilio Giuliano d’Eclano e, come costui, prese posizione controAgostino e la sua dottrina del peccato originale, rilevando—sembra—che l’uomo non fu creato immortale e che la presente condizione di pena non è conseguenza del peccato d’Adamo bensì un periodo di prova voluto da Dio.
 Sembra che negli anni dal 381 al 431 nessuno più di lui abbia contribuito al progresso della cristologia. Teodoro non mancò di difendere l’amico Giovanni Crisostomo quando questi venne deposto. Dall’esilio di Cucuso Giovanni gli scriverà: « Non ci possiamo scordare del tuo amore sincero e ardente, schietto e puro, che hai dimostrato da tempo, fin dall’inizio, e anche in questa occasione » (Lettera, 51). Non è sicuro che Teodoro abbia avuto come discepoli Teodoreto di Cirro e il futuro patriarca di Costantinopoli, Nestorio. Sappiamo, però, che 125 anni dopo la sua morte, avvenuta il 428, egli fu condannato dal concilio di Costantinopoli del 553 come precursore dell’eresia nestoriana. Già tre anni prima in un piccolo concilio tenutosi aMopsuestia (550), si disse che il suo nome non figurava nei dittici, non entrava cioè nel catalogo delle persone vive e defunte che si ricordavano nella celebrazione eucaristica e con le quali ci si sentiva in comunione. La fittizia assenza del nome di Teodoro dai dittici fu reputata allora segno evidente della sua eterodossia. In realtà sappiamo che la successiva condanna del 553 a Costantinopoli era costruita su estratti delle sue opere mutuati da un florilegio ostile e falsificato. Il vescovo Melezio che successe a Teodoro non ebbe vita facile.
 Sotto la dominazione romana l’importanza della città si accrebbe al punto da competere con Tarso, metropoli della Cilicia. Nel 431 partecipò al contro concilio di Efeso in cui vennero scomunicati Cirillo d’Alessandria e i suoi sostenitori. Anche in seguito Melezio si mantenne su rigide posizioni anticirilliane al punto che il suo stesso patriarca, Giovanni d’Antiochia – autore d’una formula d’unione con Cirillo – vista l’impossibilità di mutarne il parere, lo depose e chiese all’imperatore di esiliarlo fuori della Cilicia. In una lettera che Melezio scrisse all’addetto imperiale incaricato di agire nei suoi confronti, leggiamo: « Non avertene a male ma io non posso ingannare la mia coscienza… Per grazia di Dio sono disposto non soltanto a uscirmene dalla Chiesa ma anche a morire mille volte piuttosto d’ingannare la mia coscienza » (Syno d.C. 173). Il grande dispiegamento di soldati impiegati per fare sloggiare Melezio dal palazzo episcopale di Mopsuestia, è un indice della popolarità ch’egli godette tra la sua gente. Esiliato ai confini dell’Armenia, a Melitene, Melezio dovette soggiacere alle vessazioni di Acacio, vescovo locale ultracirilliano. Morì in data imprecisata.
Il vescovo Melezio che successe a Teodoro non ebbe vita facile. Dopo questi eventi e dopo il concilio del 550 tenutosi a Mopsuestia per condannare la memoria del suo antico vescovo Teodoro, di questa comunità cristiana non conosciamo niente altro all’infuori della lista dei suoi vescovi che si sussegue sino agli inizi del XIV secolo.

 Il grande dispiegamento di soldati impiegati per fare sloggiare Melezio dal palazzo episcopale di Mopsuestia, è un indice della popolarità ch’egli godette tra la sua gente 

NOTE DI VIAGGIO

COME CI SI ARRIVA
A circa 26 km da Adana verso İskenderun c’è sulla destra la deviazione di 3 km che giunge all’odierno villaggio di Yakapınar dove troverete, presso una collinetta isolata prima del fiume Ceyhan, il luogo dell’antica Mopsuestia.

Distanze:
da Adana km 29
da İskenderun km 110

Provincia: Adana
Aeroporto: Adana

LUOGHI E MONUMENTI INTERESSANTI
Un Mosaico del sec. IV, rappresentante l’arca di Noè. Pare derivi da un martyrion, una basilica a tre archi risalente al IV sec., della quale è rimasta solo la pavimentazione.
Il Ponte romano a nove archi del IV sec.
Resti delle Mura di cinta, del Teatro e della Necropoli.
Vestigia di un Caravanserraglio di epoca ottomana.

FONTI STORICHE

L’EUCARISTIA SECONDO TEODORO DI MOPSUESTIA
La scoperta delle Omelie catechetiche ci permette di penetrare fino ad un certo punto nella teologia sacramentaria di Teodoro. Egli insegna nettamente la presenza reale e il carattere sacrificale nell’Eucaristia, e ripudia in modo esplicito un’interpretazione puramente simbolica del sacramento: Ora, è bene evidente che dando il pane Egli non ha detto: « Questo è la figura del mio corpo », ma: « Questo è il mio corpo »; e allo stesso modo dando il calice non ha detto: « Questo è la figura del mio sangue », ma: « Questo è il mio sangue »; perché voleva che, avendo questi (il pane e il calice) ricevuto la grazia e la venuta dello Spirito Santo, non guardassimo più alla loro natura, ma li prendessimo come costituenti il corpo e il sangue di Nostro Signore. Dobbiamo dunque… non guardare più come un pezzo di pane e un calice ciò che è presentato, ma (considerare) che è il corpo e il sangue di Cristo.
(Omelia, XV, 10-11, in Patrologia, vol. II, a cura di J. Quasten, Casale M. 1980, 423)